Puntata in due tempi

di Carlo Vitali

Mattia Peli: ma voi che li seguite di più nei loro deliri, hanno mai ammesso che Mozart amava incondizionatamente l’Italia?

No, anzi scrivono che Mozart era un razzista perché da Napoli racconta alla sorella di essere stato sul Mar Merditerraneo [!].

Si concede che il suo epistolario contiene espressioni ambivalenti su certi musicisti italiani; per esempio di Sarti dice che è una gran brava persona, ma definisce Clementi un puro meccanico e un ciarlatano come tutti i Welsche [“latini”, inclusivo di italiani e francesi].

Dunque «amava incondizionatamente» sembra eccessivo; tuttavia in alcuni passi si rivela non meno decisamente italofilo di un qualsiasi odierno Bianchini, Trombetta, Basciano, Amato e compagnia ragliante. Piccola antologia:

Mozart a suo padre a Salisburgo, Monaco, 11 ottobre 1777

[Mysliveček] mi disse […] «Vi prego, andate in Italia, lì si viene stimati e onorati». E ha proprio ragione; se ci penso bene, in nessun altro paese ho ricevuto così tanti onori e da nessun’altra parte sono stato così apprezzato come in Italia. E uno gode di molto credito, quando ha scritto opere in Italia, e soprattutto a Napoli. […] Se avrò scritto qualcosa per Napoli, sarò ricercato ovunque. […] È vero, non si guadagna molto, ma è sempre qualcosa, e ci si fa più onore e reputazione con ciò che dando 100 concerti in Germania. E sarei più felice, perché avrei da comporre, che è la mia unica gioia e passione.

Mozart a suo padre a Salisburgo, Mannheim, 4 febbraio 1778

Vorrei piangere di frustrazione ogni volta che sento o vedo un’aria. Ma italiana, non tedesca; seria, non buffa.

Anna Maria Mozart a suo marito a Salisburgo, Mannheim, 7 febbraio 1778

[P. S. di Wolfgang]: «L’idea di scrivere un’opera mi resta fissa in testa: francese piuttosto che tedesca, ma italiana piuttosto che tedesca o francese.

Quel gran guazzabuglio del cuore umano (Manzoni, op. non cit.) ha complessità che le galline sondriesi nemmeno sospettano. Vadano a tuffarsi nel Merditerraneo e lascino pure a casa il salvagente.

Ai fabbricatori di puttanate cospirative austro-naziste si segnala questa eccellente composizione cherubiniana:

Chant sur la mort de Haydn, per tre voci e orchestra di Luigi Cherubini, su testo di Louis Guillemain de Saint-Victor: Lento (do minore) – Allegro moderato per soprano, 2 tenori, flauto, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 3 corni, timpani, archi; composto nel 1805 ed eseguito al Conservatorio di Parigi il 18 febbraio 1810; edizione: Paris, Magasin de Musique, 1809; dedica: principe Nicolaus Esterházy.

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Ora tutto si chiarisce. Il fiorentino Cherubini, nato e formato nel granducato degli Asburgo-Lorena, aiutò i suoi padroni nell’edificare dal nulla il mito dell’illustre idiota Haydn. Senza dubbio le sue ben documentate trattative per entrare al servizio dei principi Esterházy miravano ad impadronirsi di un baule di sinfonie anonime che Luchesi aveva venduto di soppiatto ai principi ungheresi. Infatti, fallito il progetto perché i detti principi erano rimasti in bolletta dopo le guerre napoleoniche, Cherubini scrisse una sola sinfonia, ed anche quella piena di influenze mozartiane e haydniane.

Senza contare che il buon Luigi era un attivo massone; dunque moralmente complice dell’assassinio di Mozart. Visto come si fa presto a passare nella categoria dei musicologi ‘scientifici’ di rito ‘sondriese? Bastano un po’ di fantasia e una buona dose di sprezzo del ridicolo…