Anche Mozart è vittima delle fake news

di Mirko Schipilliti apparso su «Il mattino di Padova» (28 settembre 2017), p. 41

Il musicologo Girardi interviene sul “caso Luchesi” che vorrebbe il compositore veneto plagiato dal più celebre collega

VENEZIA — Pochi ricordano Andrea Luchesi (1741-1801) di Motta di Livenza, compositore noto nell’Europa del Settecento, anche se non quanto Salieri, Cimarosa, Traetta, Paisiello, Galuppi, Sarti e Scarlatti. Luchese incontrò Mozart a Venezia, poi si trasferì a Bonn come Kapellmeister. Di Luchesi verranno suonate tre sinfonie questa sera alle 20.30 nell’ambito della stagione “I luoghi di Baldassarre”, con l’orchestra Busoni alla Scuola di San Rocco, a Venezia, a cui seguirà il Requiem di Mozart sabato.

E proprio il “caso Luchesi” è tornato alla ribalta coi due tomi autoprodotti di Luca Bianchini e Anna Trombetta Mozart la caduta degli dei e da loro dichiarazioni di qualche tempo fa su Il Fatto Quotidiano, basate su tesi del trevigiano Giorgio Taboga, per cui Luchesi sarebbe il vero autore di alcune sinfonie di Mozart e di musiche di Beethoven e Haydn. I libri distruggono Mozart negando il genio, descritto come autore recidivo di plagi a danno degli italiani dell’epoca e sostenendo che il “mito” sarebbe stato creato dai nazisti e che la musicologia a suo favore è neonazista. Immediata la replica delle riviste di settore, attenti lettori, musicisti e specialisti a tutela di questo patrimonio, fra cui Michele Girardi, affermato musicologo e docente di Storia della musica e drammaturgia musicale a Ca’ Foscari.

Mozart vittima di una truffa, fra le fake news contro la cultura. Mozart, Haydn e Beethoven hanno copiato Luchesi?

«Assolutamente no. Il plagio è pura idiozia priva di ogni fondata ricerca musicologica. Non è chiaro quali fossero i veri compiti di Luchesi a Bonn. La teoria sulla firma di Mozart, non autografa, apposta su quella immaginaria di Luchesi cancellata su un’ipotetica copia della Sinfonia Pariser presso la biblioteca di Regensburg, non poggia su alcuna base analitica di questi materiali, così come le tesi sulle copie delle parti di alcune sinfonie di Mozart nel “Fondo Luchesi” alla Estense di Modena recepito da Bonn. Non risulta esserci alcuna copia a Regensburg né si può proclamare che quelle modenesi siano precedenti alle sinfonie composte da Mozart, che siano anonime e che pertanto egli avrebbe copiato. Il fondo, parte dell’archivio di Maximilian Franz d’Asburgo, ci è giunto dopo l’Unità d’Italia e il nome di Mozart sta sui frontespizi. Fare ricerca inventando congetture non è onesto».

Come si comporta il musicologo?

«Va sul posto, esamina le fonti, trascrive, analizza dal punto di vista stilistico e compositivo senza pregiudizi. Applicare il metodo anche a poche pagine di Luchesi basta per sostenere che non possa essere l’autore di musiche mozartiane».

Qual è la lettura corretta?

«Come ha affermato la Music Society for Eighteenth-Century, va considerato il contributo italiano alla creazione dello stile classico, al quale restò affezionato anche Rossini, fra i maggiori estimatori di Mozart».

Perché accanirsi contro Mozart?

«Usare gli italiani contro Mozart e fare a fette tutto e tutti col nazismo, è una forma di psicosi ossessiva per emergere contro un genio inoppugnabile, la comunità scientifica e i musicisti veri. Manipolare dati è in linea coi tempi, ma i danni sono maggiori perché col web vendi tutto. Anche la trovata per cui Mozart citerebbe un motivo di Anfossi nel Confutatis del Requiem è pura immaginazione. Spianando con ignoranza rozza l’estetica del secolo si confondono la comunicazione e l’intertestualità col plagio. Un tema della Sinfonia Jupiter fu ripreso negli Ugonotti di Meyerbeer e in Otello di Verdi, Mozart stesso ne usò uno nell’aria K541, scritta per un’opera di Anfossi secondo le consuetudini dell’epoca».

Ma esiste una partitura coeva al livello della Jupiter?

«È il meccanismo delle fake news: accenno, confondo, deformo la notizia per ottenere forzature romanzesche senza metodologia analitica. Siamo vulnerabili».

Quasi come negare la Shoah?

«Sì, una pericolosa forma di revisionismo che impiega i meccanismi tipici delle dittature, inventare falsi indizi per creare un colpevole. Per di più molti musicologi che hanno contribuito agli studi sul classicismo erano israeliti, e affermare che fu invece il nazismo a creare certi miti significa offendere la stessa Shoah. Il nazismo non ostacolò gli studi su Luchesi, protagonista anche in concerti sotto il fascismo».

Perché non lasciar perdere?

«L’onestà intellettuale ci impone di controbattere le falsità di chi va contro la storia. Potrebbe svegliarsi qualcuno e farlo contro Verdi, Beethoven o Bach. Mozart non ha bisogno di essere difeso, e non dobbiamo ricostruire miti che non ci sono, ma tutti quelli che si avvicinano alla sua arte devono essere messi in guardia da falsificazioni».

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