Luca Bianchini interpreta male un giudizio di Sandro Cappelletto sul Quartetto KV 80/73f di Mozart

di Mario Tedeschi Turco

 

Scrive Mario Tedeschi Turco, raccogliendo una provocazione di Mirko Schipilliti:

Riguardo al Quartetto KV 80/73f, detto “di Lodi”, l’ineffabile Duo scrive (Vol. II, p. 70): «Il Quartetto fu concepito all’inizio in tre movimenti, Adagio, Allegro e Minuetto “piuttosto uniformi”, “senza dialettica”, e “poco approfonditi”». Segue rimando nota (n. 177), nella quale le espressioni tra virgolette inglesi sono indicate come citazioni da CAPPELLETTO (2016, 17). Ora, con l’indicazione a chiave il lettore cercherà nella bibliografia al termine del volume in quale libro di Cappelletto si trovi tale severo giudizio, ma i libri dell’insigne studioso non vi sono citati… Vabbé, ‘svista’, si dirà: può capitare. Si rimedia in fretta, perché il libro di Sandro Cappelletto del 2016 è facilmente riconoscibile come I quartetti per archi di Mozart. Alla ricerca di un’armonia possibile, il Saggiatore, Milano 2016. E controlliamo dunque l’esattezza della citazione del Duo Dinamico, dalla quale si evince – ripetiamo – un giudizio estetico di valore molto severo sull’opera in esame. E dunque, ecco quanto scrive verbatim il prof. Cappelletto nel suo ottimo libro (pp. 16-17: riporto in maiuscolo i passi malamente citati dai due):

«L’avvio del primo movimento, un “Adagio” in sol maggiore, stupisce per l’incedere lento, piano, austero di viola e violoncello. L’attacco rispetta le regole dell’inizio di una sonata da chiesa, ma lo stupore sarà grande quando, quindici anni più tardi, ritroveremo memoria di questa ostinazione nel misterioso avvio del violoncello nell’Adagio introduttivo del Quartetto delle Dissonanze K 465.

La raccolta mestizia di questo basso ripetuto, quasi ostinato, rimane il tratto dominante dell’Adagio, screziato da alcuni interventi di primo e secondo violino, come macchie di colore che ravvivano l’omogeneità del ritmo. L’invenzione tematica non è folgorante, il dialogo tra le parti, il gioco di imitazione, le domande e le risposte sono prudentissimi, come i momenti di protagonismo dei singoli, con l’eccezione di rapidi passaggi nel registro acuto dei violini. Però c’è un clima, un’atmosfera, che, dalle prime battute, cattura l’attenzione, quasi immaga. Manca del tutto lo sviluppo dell’idea, la sua articolazione: il seme resta seme, non diventa pianta. IN QUESTA UNIFORMITÀ, CHE NON POSSIEDE LA POTENZA DIALETTICA che da lì a pochi anni il classicismo viennese saprà conquistare, l’abilità degli interpreti cercherà di variare, nel peso e nella dinamica del suono, equilibri e accenti, giocando tra piano e forte, tra primo piano e sfondo, con brevi accensioni di una luce più intensa che emerge da un’ombra diffusa.

All’inizio dell’Allegro, ecco il colpo di teatro: quell’accordo ‘forte’ di tutti e quattro gli strumenti, come una finestra che improvvisa si spalanca e lascia entrare nella stanza aria fresca, capace di arrivare dritta in faccia anche al più distratto degli ascoltatori. È un secondo tempo breve e vivacissimo, che per il suo slancio sinfonico possiamo immaginare suonato da un’intera orchestra, e dove sono la vitalità, la gioia veloce a prevalere, compiuta espressione del dinamismo che rimane uno dei tratti distintivi della musica europea di quegli anni. E come accade in una corsa, in una gara tra amici, c’è chi scappa via per primo, chi insegue, prima di fermarsi ad aspettare gli altri; il cambio di passo è continuo e sempre giocoso, interrotto da brevi spunti di contenuto intreccio polifonico, di stile fugato, come prescrivevano le regole del buon tempo antico e barocco, quasi per ricordarci che gli studi del ragazzo erano solidi. I due temi dell’Allegro sono chiaramente diversificati, MA NON APPROFONDITI, e il giovane Mozart, dopo i primi due movimenti del suo primo quartetto, ha dimostrato di possedere gravità riflessiva e vivacità ritmica. Stai e vai, pensa e agisci. E danza, lievemente, garbatamente: ecco puntuale, come terzo e penultimo tempo, il Minuetto […]».

In conclusione, la “musicologia con lode” dei due autori compie due mostruosità inaccettabili:

  1. Cita tra virgolette, cioè come se fossero letteralmente riprese, espressioni che invece sono diverse e quindi da loro rielaborate;
  2. Soprattutto, insinua surrettiziamente che Sandro Cappelletto esprima un giudizio estetico negativo sul Quartetto in questione. Cosa che chi legge questo post può facilmente verificare essere totalmente falsa.

Di tali ciurmerie i due volumi abbondano: e pensare che c’è chi ha lodato la ricchissima bibliografia e la documentazione prodotta! La si verifichi, qualche volta…