Ope fæcis. Ancora sul mistero buffo del ritratto di Neefe

di Carlo Vitali

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Rovistando a mani nude negli spurghi della Rete – è un vizio assurdo di cui mi vergogno pur se ogni tanto mi regala momenti d’ilarità – scopro come e qualmente la gentile signora e dottoressa Donn’Anna Trombetta pretenderebbe da un certo Giuliano Dottori la prova che il famoso ritratto di Bonn (Beethoven-Haus, inv. B 1934) non rappresenti Andrea Luchesi, bensì Christian Gottlob Neefe. “Mi indichi dove è scritto Neefe sul ritratto”, intima la Gentile col burbanzoso tono di famiglia. Chiedo venia se, povero Cristo fra i Dottori, m’intrometto non invitato in questa bella guerra d’ingegni, però sul ritratto non c’è scritto un bel nulla; dunque, a parità di argomenti, potrebbe anche rappresentare il mio bis-quadrisavolo Aristarco Scannabufale, notorio Illuminato di Baviera.

Alle fantasmagorie iconografiche del premiato duo buffo Bianchini & Trombetta (da ora in poi B&T) si era già risposto a bastoni con una noterella leggibile all’indirizzo: Il libro delle facce di bronzo (LINK).

Ma visto che i nostri amici sondrioti insistono, gli si faccia la carità di qualche spiegazione aggiuntiva. La prima fabbricazione di un inesistente “mistero del ritratto” risale al loro mentore Giorgio Taboga. Questo il suo argomento principe (Taboga 1, pp. 34-5): “Di certo Neefe, Kapellmeister a Bonn soltanto ad interim per Luchesi dall’aprile 1783 al maggio 1784 fu soltanto l’organista di corte e non ebbe mai diritto ad un ritratto ope-legis.”

Ope legis? Meglio senza trattino; ma con questo latinetto da Azzeccagarbugli voleva forse insinuare la Buonanima che una legge dell’Elettorato di Colonia sancisse il diritto del Kapellmeister a farsi ritrarre a spese dello Stato? Via, diciamo magari non proprio una lex; forse un regolamento interno della cappella, oppure una clausola sul contratto di assunzione. Dunque tirino fuori i suoi eredi almeno uno straccio di documento che lo provi, o altrimenti cestineremo questa sbroccata fra le altre di cui i loro libricciuoli sono prodighi per la delizia dei seguaci boccaloni. Ad esempio “la prassi dell’anonimo” (in sintesi: “anoprassi”), il Musikalisches Almanach di Forkel interpretato a capocchia come una classifica delle 23 migliori cappelle di Germania con Bonn presunta terza in “graduatoria” davanti a Dresda, Berlino e Vienna; o ancora le bufale sul titolario di corte, i milletré maestri del Luchesi a Venezia, ecc., ecc.

Da tale genialata ope fæcis discende una promessa, o meglio una minaccia: “Mi attende una approfondita ricerca in campo etnologico perché, a mio avviso, le caratteristiche somatiche del soggetto del quadro non sono tedesche” (Taboga 1, ibid).

Apprendiamo dunque in un sol colpo che:

  1. esistono facce tedesche;
  2. il Taboga buonanima, benché ancor vergine di “approfondita ricerca” etnologica, riteneva di saperle distinguere a naso;
  3. esisterebbe eziandio una scienza etnologica capace di classificare con sicurezza le caratteristiche “somatiche”, ergo genotipiche e fenotipiche, di un individuo. Esisteva negli anni 1930-40, perlopiù parlava tedesco, si chiamava Rassenkunde e non ha lasciato buona memoria di sé.

Se poi non andiamo errati, l’intero capitolo sul “mistero del ritratto” è scomparso dalla seconda edizione postuma della fantabiografia luchesiana (Taboga 2). Forse “l’approfondita ricerca” non aveva dato i risultati sperati, oppure il matematico trevigiano si era accorto di rinverdire i fasti della zoologia umana marca Rosenberg? Meglio non approfondire; piuttosto torniamo a Taboga 1, loc. cit., per riscontrare descrizione e provenienza del ritratto, che egli così traduce dal – per sua stessa ammissione “documentato studio” – di Irmgard Leux (Leux 1925, pp. 119 sgg.):

“Un quadro ad olio, a mezzo busto (Brustbild) finora ignoto, in possesso di Frau Marie Greinert – Stoccarda, una pronipote del compositore, non firmato, possibilmente di Ad. Fr. Oeser, amico a Lipsia di Neefe. Rappresenta un uomo intelligente e simpatico di 25-28 anni, con grandi occhi scuri, bella bocca inarcata (geschwungenem Munde) ed un mento pronunciato, un po’ malinconico e tutto rivolto verso sé stesso [sic] in espressione e portamento (Haltung)”.

Facciamo un paio di conti. A Lipsia il Neefe si trattenne, prima come studente di diritto e poi di musica, fra il 1769 e il 1775-6 circa; dunque fra i 21 e i 27-28 anni. A Bonn si stabilirà solo nel 1779, quando ne aveva 31. Controprova anagrafica: il decreto che nominava Luchesi Kapellmeister di corte è datato 26 maggio 1774, allorché il Nostro aveva da pochi giorni compiuto 33 anni e quindi, secondo l’indimostrato teorema di Taboga, acquisiva il diritto ad essere effigiato ope legis. Prendendo per buona la datazione e l’attribuzione di Leux 1925, nulla autorizza a ritenere la tela come ritratto “ufficiale” dipinto a Bonn, tanto più che vi mancano attributi professionali quali ad esempio un foglio di musica, uno scorcio di tastiera o una penna (oltre che organista, Neefe era direttore di compagnie operistiche, compositore, letterato). Ma esattamente lo stesso vale anche per Luchesi! Se Frau Greinert, di cui nulla sappiamo per altra via, conservava quel ritratto come souvenir di un antenato, avrà avuto le sue buone ragioni. O forse no. Ma perché mai doveva tenersi in casa la faccia di Luchesi, piccolo maestro a quel tempo stradimenticato; anzi, come opinano Taboga e seguaci, colpito da pangermanica damnatio memoriæ? Anche lei complice della cospirazione? E comunque abitava a Stoccarda mentre Neefe era morto a Dessau; allora come avrà fatto il quadro a raggiungere Bonn, dove oggi si trova?

Una risposta meno inverosimile di tutto l’elaborato delirio accusatorio che riempie paginate intere di Taboga1 potremmo trovarla in una segnalazione strettamente coeva a Leux 1925; precisamente in Schiedermair 1925, Indice delle tavole, p. XXII: “Christian Gottlob Neefe. Quadro ad olio, verosimilmente del periodo lipsiense di Neefe, dipinto da un amico pittore di Lipsia. Oggi in possesso di Frau Marie Greinert, Stoccarda”. Unica fonte d’informazione e stesse coordinate, sebbene un poco meno definite.

Orbene: il 26 marzo 1927 s’inaugurava a Bonn il Beethoven-Archiv quale dipartimento scientifico del Beethoven-Haus sotto la supervisione della locale Università. Suo primo direttore, in carica dal 1927 fino al 1945, fu appunto il prof. Ludwig Schiedermair; che naturalmente – ci raccontano B&T – fu poi nazista e decorato del Mozarteum sotto la gestione Goebbels. È abbastanza vero, purtroppo per lui; ma con questo? Per B&T sono nazionalisti, protonazisti, filonazisti e postnazisti pure gli ebrei emigrati e perseguitati; magari massoni, magari nati a Praga, a Budapest o peggio ancora. Sotto questo profilo lo Schiedermair, ariano a 24 carati, non sarebbe più criminale di Alfred Einstein, Guido Adler, Paul Nettl e molti altri. Tutti condannati per una colpa linguistica originaria: parlavano tedesco (cfr. Rotolone II, pp. 16-19, 63 e altrove passim). Non si annusa qui un inconfondibile aroma di razzismo? Della serie “ceterum censeo Germaniam esse delendam”; se ne interroghi quel Katzone il Censore che paragona le società di musicologia accademica a un crematorio di nazionalità musicali (Rotolone II, p. 26).

Signora e dottoressa Donn’Anna: quando avrà finito di umiliarsi in polemichette indegne del suo cospicuo calibro di studiosa, si degni di scrivere al Beethoven-Haus e domandi in che anno, secondo il registro d’ingresso, Frau Marie Greinert o chi per lei vendette il quadro all’istituzione di Bonn, quanto le fu pagato, se in archivio hanno ancora la ricevuta, ecc. Ammenoché non sia tutto bruciato sotto le bombe angloamericane o – come Lei certo preferisce immaginare – sotto i lanciafiamme delle SS desiderose di occultare le prove del “gomblotto” anti-italiano. Questa sarebbe ricerca storica; il resto è bufala, e pure assai inacidita in questa mezza estate del 2018.

BIBLIOGRAFIA MINIMA

Taboga 1
Giorgio Taboga, Andrea Luchesi: L’ora della verità, Ponzano Veneto (TV), Grafiche Vianello, 1994 e Spresiano (TV), Associazione corale Luigi Sartori, 1994.
Taboga 2
ID., Andrea Luchesi. Tra scuola veneta e Wiener Klassik. Gli anni a Venezia, Milano, ABEditore, 2010 (e-book).
Leux 1925
Irmgard Leux, Christian Gottlob Neefe (1748-1798): Mit zwei Bildnissen und einer Handschrift-Nachbildung, Leipzig, Kistner u. Siegel, 1925.
Schiedermair 1925
Ludwig Schiedermair, Der junge Beethoven, Leipzig, Quelle u. Meyer, 1925.
Rotolone II
Luca Bianchini — Anna Trombetta, Mozart, la caduta degli dei, Parte II, Tricase-Leipzig, Youcanprint Self-Publishing, 2017.