Padre Martini non sapeva il contrappunto, oppure non l’aveva studiato sugli stessi manuali di Bianchini e Trombetta. Nell’esempio 1: quinte parallele (Sinfonia a 4 con violini e trombe, 1737, secondo movimento). Nell’esempio 2: ottave parallele (Sinfonia a 4, ancora secondo movimento, 1754). Non saranno per caso errori del copista? No, perché ambedue le sinfonie ci sono pervenute in ben ordinati manoscritti autografi. Adesso è tutto chiaro: gli “errori” di Mozart derivano dalle cattive lezioni di composizione impartitegli dal dotto francescano bolognese. Spiegazione meno cervellotica: una cosa sono i brani in “contrappunto osservato”, un’altra quelli in “stile moderno”: prevalentemente omofonico, più libero ed espressivo. Due linguaggi diversi con regole diverse; padre Martini lo sapeva, non così i Beckmesserini della scuola di musicobugia sondriese. Per loro il divieto di quinte e ottave parallele è un dogma di fede, infrangerlo un peccato mortale a prescindere. Vade retro, Satana!

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Altra scenetta dagli anni di apprendistato. Nel tardo pomeriggio del 15 marzo 1770, dopo un faticoso viaggio in carrozza, Leopold e Wolfgang scendono a un albergo di Lodi. Cena e riposo in letto? No, il piccolo scrive subito un quartetto (KV 80) premurandosi di firmarlo e datarlo con esattezza “alle 7. di sera”. Bianchini e Trombetta erano presenti, sanno come è andata davvero e ce lo raccontano (Mozart. La caduta degli dei, tomo II, pp. 69-72): Leopold stende la musica in brutta copia, Wolfie la trascrive, il padre aggiunge di sua mano le ultime correzioni. Voilà, il gioco è fatto. Benissimo, ma questo padre mistificatore non si è nemmeno accorto che il finale in rondò include delle bellissime quinte parallele fra la parte di violoncello e i violini primi? Asino il figlio e doppio asino il padre; sempre secondo B&T, che poi aggravano l’atto d’accusa muovendo guerra contro anonimi mulini a vento: “L’ultimo movimento di Rondò-Cotraddanza [recte: Contraddanza, ndr], scritto su carta diversa, si dice [chi lo dice? ndr] sia stato composto anni dopo forse a Salisburgo. Alcuni studiosi [quali? ndr] propongono, senza prove convincenti, il 1773″. Donde, con impeccabile logica dissociativa: “Si vede quanto ancora sia carente la formazione musicale di Papà Leopold e del giovane figlio nel 1773 [sic]”. Improvvisamente le prove sono diventate “convincenti”. Parafrasando il duca di Wellington, chi crede a questa gente può credere a qualunque cosa.

A loro aveva già risposto Arcangelo Corelli, accusato di aver stampato alcune “quinte seguite” nella Sonata n. 3 dell’Op. II: “[…] da ciò comprendo benissimo il loro sapere, che si stende poco più oltre de primi principij della Compositione, e Modulatione armonica, poichè se fossero passati più auanti nell’arte, e sapessero la finezza e profondità di essa, e che cosa sia Armonia, et in che modo possa dilettare, e solleuare la mente humana, non haurebbero tali scrupoli, che nascono ordinariamente dall’ignoranza”. Touché!