C’eravamo ripromessi di lasciare Bianchini e Trombetta alle loro fatiche per “fare amare Mozart”, come asseriscono sorprendentemente autopromovendo i loro autopubblicati volumi. Eppure, a tutto c’è un limite, e quindi torniamo ai soliti vessati quartetti giovanili e al disinvolto (e qui forse qualcosa di più) modo di sfruttare e contemporaneamente deridere la loro fonte principale, ovviamente Sandro Cappelletto e il suo libro sui Quartetti di Mozart citato fino alla nausea da loro e da noi.

Sulla pagina autopromozionale i dottori in musicologia Bianchini e Trombetta riprendono una paginetta dal secondo volume del loro Mozart. La caduta degli dei:

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Di nuovo ci mettono un altro schizzetto di fango: l’esordio del K. 173 di Mozart plagia un quartetto haydniano (Hob. III: 22). Mettiamoli dunque uno accanto all’altro e vediamo.

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Anche un asino si accorgerebbe che – a parte la tonalità e l’andamento, il discorso musicale è radicalmente diverso, per curva melodica, struttura armonica, ritmo e concezione generale. Posto che Bianchini e Trombetta asini non sono, essendo addirittura laureati in musicologia, vien da chiedersi per quale ragione sostengano una teoria così palesemente infondata.

Ma leggiamo da vicino la descrizione che Bianchini e Trombetta danno del primo movimento: ora confronteremo (a) lo squilletto denigratorio sul web e (b) la pagina 97 del secondo tomo di Mozart. La caduta degli dei:

(a)

Il quartetto viennese K. 173 ha una storia particolare. Il primo movimento plagia Haydn, l’op. 9 n. 4. Dopo 16 battute la bizzarra melodia mozartiana, osservano giustamente alcuni critici, sembra suggerita dai suoni “che emanano da un pollaio”. Questo è certamente “il chiocciolio di molte galline in differenti chiavi”. Nello sviluppo uno si aspetterebbe maggiore complessità e al contrario Mozart semplifica. La nostra attenzione è richiesta da un assolo di gallina che va avanti chiocciolando per molte battute. C’è chi la definisce la più bella musica da cortile che mai sia stata composta.

(b)

Il  K. 173  (…) è l’unico della serie a toccare  il modo  minore.  L’inizio  è  mesto,  ma  non  quanto  basta  a  metter d’accordo  i  critici:  uno  ci vide  un “potenziale narrativo  un po’ grezzo”,  altri “l’ironia”, “lo scontro”, “il dialogo”, addirittura “la mancanza di complimenti” e “di buone maniere”.289

289 CAPPELLETTO (2016, 100)

Dopo sedici  battute  “la  bizzarra  melodia  sembra  quasi  essere  suggerita dai suoni che emanano da un pollaio”. “Certamente questo è il chiocciolio di molte galline in differenti chiavi”. Nello sviluppo uno si aspetterebbe maggior complessità, e Mozart al contrario semplifica. “La nostra attenzione è richiesta da un assolo di gallina, che va avanti chiocciolando per molte battute”. “È molto divertente, tutto, e certamente è la più bella musica da cortile che sia stata composta!”.290

290 Thomas Frederick Dunhill citato in CAPPELLETTO (2016, 98).

Si noti che il libro viene citato senza titolo e non è presente nella bibliografia a fine volume. Ancora una volta è Sandro Cappelletto, che nel suo libro I quartetti per archi di Mozart. Alla ricerca di un’armonia possibile citava come si deve il volume Mozart’s string quartets di Thomas F. Dunhill (Oxford University Press, London 1927, pp. 25-26).

Ecco il passo dal libro di Sandro Cappelletto a cui hanno attinto Bianchini e Trombetta:

È il primo tempo del K. 173 ha suscitato le reazioni critiche più immaginifiche, perfino inverosimili. Conferma che parlare di musica è rischioso e che sempre il punto di vista del critico è soggettivo. Talvolta di una soggettività senza freni, veramente disinibita.

Comincia abbastanza seriamente, ma arrivando, dopo sedici battute, al secondo tema, Mozart  di avere molto più interesse per ciò che ha da dire. La bizzarra melodia sembra quasi essere suggerita dai suoni che emanano da un pollaio. Certamente questo è il chiocciolìo di molte galline in differenti chiavi, Nello sviluppo, con un umorismo ancor maggiore, Mozart, invece di elaborare ciò che vi è stato prima, semplifica. La nostra attenzione è richiesta da un assolo di gallina che va avanti chiocciolando per molte battute. È molto divertente, tutto, e certamente è la più bella musica da cortile che mai sia stata composta! (Thomas Frederick Dunhill)13

13 Thomas Frederick Dunhill, cit. in Giovanni Morelli, «Prefazione», in Mila, I quartetti di Mozart, cit., pp. XXIV-XXV. Nell’ampia prefazione al volume di Mila, Giovanni Morelli cita la celebre opinione “chiocciolante” di Thomas Frederick Dunhill  (1877-1946), cattedratico alla Royal Academy of Music di Londrache «propone una lettura comica del primo tempo del K. 173 (peraltro nella tonalità poco gioviale di re minore)».

Lo sventurato lettore a cui capiti fra le mani Mozart. La caduta degli dei non può sapere cosa effettivamente pensi Cappelletto di quella sventatissima, pittoresca descrizione del gentiluomo britannico. Magari si convince che Cappelletto la condivida, se è vero che le ha dedicato una citazione nel suo libro! In realtà Cappelletto la aveva citata in un discorso sulla follia di interpretazioni metaforiche e soggettive della musica:

Via libera alla fantasia, al meccanismo autogenerantesi della metafora. È stato a lungo così nella prosa critica applicata alla musica, con una libertà di associazioni e di immagini sconosciuta ai critici delle altre arti. Oggi si scrive di musica in modo diverso, ci si attiene più alla partitura, alla sua verità oggettiva (…). Eppure ci deve essere un limite al delirio critico, se a proposito delle galline e del chiocciolìo così commenta severo Massimo Mila: “Incredibile interpretazione, che val la pena di citare, non foss’altro che per dare un’idea dei pericoli cui si va incontro indulgendo alla tentazione di descrivere la musica in termini di specifiche impressioni soggettive.”

Ma a questo eravamo abituati e la cosa non ci sorprende.

Magari può essere un po’ più interessante rilevare il modo con cui Bianchini e Trombetta “citano la citazione”, nel gioco di specchi a loro consueto:

Dopo sedici  battute  “la  bizzarra  melodia  sembra  quasi  essere  suggerita dai suoni che emanano da un pollaio”. “Certamente  questo  è  il chiocciolio di molte galline in differenti chiavi”. Nello sviluppo uno si aspetterebbe maggior complessità, e Mozart al contrario semplifica. ”La nostra attenzione è richiesta da un assolo di gallina, che va  avanti chiocciolando  per molte  battute”. “È molto divertente, tutto, e certamente è la più bella musica da cortile che sia stata composta!”290

Dopo sedici battute non è tra virgolette, come pure il loro scandalizzato giudizio Nello sviluppo uno si aspetterebbe maggior complessità, e Mozart al contrario semplifica è una copiatura/parafrasi non dichiarata da Dunhill e – guarda caso – Bianchini e Trombetta si dimenticano di riportare il giudizio di Dunhill sul carattere umoristico della scelta di Mozart:  Nello sviluppo, con un umorismo ancor maggiore, Mozart, invece di elaborare ciò che vi è stato prima, semplifica. Ai due laureati in musicologia, con interessi forse anche per la pollicultura, interessano le metafore gallinacee del loro amato Dunhill.

Il verso delle galline richiamato con cotanto acume da Dunhill corrisponde al motivo a note ribattute che inizia nel quartetto mozartiano un episodio di motivic play di singolare coerenza, che si avventura in tragitti cromatici impensabili per i cervelli da gallina delle galline medesime (non osiamo dire del critico inglese, eccetera eccetera):

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Vale la pena di continuare la lettura di Cappelletto, che descrive il primo movimento del K. 173:

Doloroso e veemente è l’”Allegro moderato” (…) “Grave di destino” definisce Abert la melodia iniziale discendente del primo violino, pronunciata piano e lentamente. A battuta 2 entrano insieme gli altri tre strumenti, a battuta 5 tacciono tutti, riprendono, intercettano il cammino del primo violino, a battuta 9 rompono l’atmosfera di attesa con un accordo forte, sul quale il primo balza come fosse un trampolino da dove lanciarsi in un passaggio veloce sul registro acuto, anch’esso forte. Il contrasto emerge a battuta 16, con l’entrata del secondo tema, scandito dall’insistere su una sola nota – il mi – di un motivo pungente, ripetuto uguale a se stesso (deve essere questo il famoso “chiocciolìo”), e del tutto alieno all’idea espressa dal primo tema. I due temi non si parlano, né lo faranno in seguito; quando si confronteranno non sarà per dialogare, ma per scontrarsi: il primo dolorosamente cantabile, il secondo pieno di energia e di un potenziale narrativo che rimane però grezzo, non finito torso marmoreo al quale spetterà l’ultima, soverchiante parola. Qui la nota non è più il mi, ma il la; una quarta sopra per poi, di nuovo in modo brusco, ritornare e chiudere sul re, tonica del movimento. Forte, senza complimenti, senza buone maniere.

Qui la faccenda si fa spiacevole, egregi dottori in musicologia. E non solo perché il giudizio di Sandro Cappelletto non denigra e spernacchia il pollaio musicale del K. 173…

Nel fangoso annuncio sulla pagina web si legge, tra l’altro:

Dopo 16 battute la bizzarra melodia mozartiana, osservano giustamente alcuni critici, sembra suggerita dai suoni “che emanano da un pollaio” (…). C’è chi la definisce la più bella musica da cortile che mai sia stata composta.

Ma cosa scrivono i due illustri autori? Rileggiamo

Osservano giustamente alcuni critici: giustamente? Chi ve l’ha detto. E quanti sono questi critici, visto che la citazione riguarda the one and only doctor Dunhill?

C’è chi la definisce la più bella musica da cortile. Idem come sopra: non serve spostare da un aeroporto all’altro un paio di aerei da guerra per convincere il duce in visita che abbiamo una flotta imponente…

Ma l’ultimo elemento di riflessione ci amareggia un poco.

Nella descrizione del primo movimento del K. 173 Cappelletto usava espressioni come queste:

Doloroso e veemente.

“Grave di destino” definisce Abert la melodia iniziale.

Il contrasto emerge a battuta 16.

I due temi non si parlano, né lo faranno in seguito; quando si confronteranno non sarà per dialogare, ma per scontrarsi: il primo dolorosamente cantabile, il secondo pieno di energia e di un potenziale narrativo che rimane però grezzo

di nuovo in modo brusco, ritornare e chiudere sul re, tonica del movimento. Forte,

senza complimenti, senza buone maniere.

Confrontiamo Cappelletto con Bianchini e Trombetta:

L’inizio è  mesto,  ma  non  quanto  basta  a  metter d’accordo  i  critici:  uno  ci vide  un “potenziale narrativo  un po’ grezzo”,  altri “l’ironia”, “lo scontro”, “il dialogo”, addirittura “la mancanza di complimenti” e “di buone maniere”.289

289 CAPPELLETTO (2016, 100)

I due laureati in musicologia ritengono – in sprezzo alla logica aristotelica – che l’inizio mesto non sia tanto mesto quanto basta a metter d’accordo i critici. Siamo in attesa di capire il nesso.

Poi elencano scandalizzati la molteplicità contraddittoria dei giudizi, riportati con la formula (precisissima) uno ci vide e altri.

Chi è quell’uno e chi sono quegli altri?

Uno si immagina una decina di studiosi consultati da Bianchini e Trombetta, e non riesce a capire che quell’uno e quegli altri è sempre Cappelletto in molteplici trasformazioni da Zelig o da Crozza: è sempre lui. Il “potenziale narrativo  un po’ grezzo”,  “lo scontro”, “il dialogo”, addirittura “la mancanza di complimenti” e “di buone maniere” Bianchini e Trombetta li hanno scovati sempre e solo nel suo libro!

Indipendentemente dal fatto che i giudizi estrapolati non sono conflittuali ma riguardano diversi momenti del quartetto, fa specie che un autore come Cappelletto sia implicitamente sfruttato e denigrato da chi ne utilizza l’ingegno, addirittura fino a creare dei suoi cloni immaginari, tutti evocati con l’intento di dimostrarne la stupidità.

Se fossimo nei panni di Sandro Cappelletto rifletteremmo alquanto su questo.