Così Agostino Taboga (cfr. questo link): “Nel descrivere l’autografo della sinfonia n. 50, W. Stockmeier segnala come nella prima pagina Haydn abbia vergato il solito «di me Giuseppe Haydn / 773». Benché sia Haydn che l’ultima cifra della data siano difficilmente leggibili (Die letzte Ziffer sowie ‘Haydn‘ sind unlesbar), la sinfonia è considerata composta nel 1773 […]”.

Veramente Wolfgang Stockmeier, il revisore critico della sinfonia per i “Joseph Haydn Werke” scrive di più: “sind unlesbar” cioè “sono illeggibili“. Mentre l’arguto codicologo veneziano sostiene di aver compiuto uno “studio personale dell’autografo”, sulla base del quale conclude trionfalmente (o tronfiamente? fate voi) come “non v’è alcun documento che possa attestare un’esecuzione della sinfonia n. 50 da parte del presunto compositore” e “l’autografo sia solo la copia tratta dal copista Joseph Haydn”.

Studio personale? Bene bene. Se il signor Taboga junior si fosse degnato – non dico di andare ad interrogare personalmente il testimone nella Biblioteka Jagiellońska di Cracovia – ma di ordinare una moderna copia fotografica a colori, ecco ciò che avrebbe scoperto:

Firma_Haydn

Cito da una comunicazione privata dell’amico Artifex Artifex:

“La macchia che oscurerebbe firma e data (ma sono perfettamente leggibili) è uno sversamento d’inchiostro penetrato fino al foglio 5 recto. Qualche copista maldestro, dopo aver sporcato l’autografo, ha cercato di rimediare riscrivendo in più decisa grafia il cognome ‘Haÿdn‘. L’inchiostro del nome riscritto è lo stesso di quello della macchia”.

La ricostruzione dell’accaduto pare quanto mai plausibile, anche considerando che la forma ‘Haÿdn‘ con la dieresi è un vezzo ortografico ricorrente nei documenti amministrativi di casa Eszterházy ma non negli scritti autografi del compositore, lettere e altro. Ragioniamo: perché mai un copista macchiajuolo avrebbe dovuto pasticciare un “autografo da cassetto” (così ancora il Taboga) se non per estrarne un apografo e/o delle parti destinate all’esecuzione?

Ne consegue un’imbarazzante quanto plausibile corollario: il signor Taboga NON ha mai visto l’autografo, né di persona né su una riproduzione fotografia decente. Si è limitato a scopiazzare, per di più sbagliando la traduzione, il kritischer Bericht di Stockmeier, pubblicato nel 1967 quando (qualcuno dei meno giovani se ne ricorderà) imperava la fotocopia su carta chimica, monocromatica e a bassa definizione. E quando la collaborazione scientifica fra studiosi e biblioteche al di qua e al di là della Cortina di Ferro era piuttosto problematica. Difficoltà oggi superate per la media degli studiosi onesti ma non per il signor Taboga, gran revisor dei revisor d’Omero. Maggiori dettagli in un post di Artifex Artifex, di prossima pubblicazione sul forum

Ma allora, o candido lettore, se quel fallito di Haydn si è limitato a copiare e a firmare la Sinfonia n. 50 – che già circolava da tempo in svariate e non concordanti lezioni manoscritte a: 1) Oettingen, 2) Regensburg, 3) Bonn – chi ne sarà il vero autore? Elementare, Watson! Ammira la stringente progressione logica del codicologo Taboga, da cui tuttavia traspare un certo aroma di salume prestagionato (grassetto nostro):

“La sinfonia n. 50 non è stata sicuramente composta da Haydn che, incaricato di produrre un autografo per intestarsi un lavoro spurio, si trovò davanti a dei dilemmi che, proprio come un copista, non riuscì a risolvere. […]

Il vero autore della sinfonia n. 50 […] è verosimilmente legato alla cappella di Bonn. […]

Tutti gli elementi portano a ritenere che la sinfonia n. 50 sia stata composta e attribuita a Haydn dal Kapellmeister di Bonn, Andrea Luchesi, che dagli anni ’60 e fino alla fine del Settecento sarebbe stato in contatto con gli Esterhazy per la cessione di sinfonie, quartetti e messe, con diritto di esclusiva”.

Oh, bella! Già non lo sapevi che tutti i sal(a)mi finiscono in gloria?