«Cito una nuova Messa di Haydn, che ho udito eseguire nella Schottenkirche [di Vienna, ndr]. L’insieme era eccellente; il Benedictus, come in ognuna delle sue Messe, col massimo impiego dell’arte e inoltre così accorato, così commovente, così scorrevole. Aveva inoltre la singolarità di essere strumentato unicamente con una tromba obbligata [in realtà la parte di tromba è suddivisa fra tre strumenti onde sormontare le limitazioni tonali della tromba naturale, ndr]. Quando ne parlai con lui e gli menzionai lo splendido effetto di questi isolati squilli di tromba, il rispettabile vegliardo mi raccontò l’origine di questa idea, che a me sembra d’importanza psicologica. Proprio mentre stava componendo il Benedictus, ricevette una notizia dal suo principe Esterhazy: era arrivato un corriere con l’annuncio che Nelson aveva battuto i Francesi. Da quel momento non riuscì a rimuovere dalla sua fantasia l’immagine di un corriere strombettante e, data l’intima associazione stabilitasi fra questa idea e il suo Benedictus, vi incluse la tromba obbligata.»

(Fonte: articolo non firmato nel “Journal des Luxus und der Moden”, vol. XV, Weimar 1800, pp. 330-331; traduzione di Carlo Vitali).

Nota del prof. Aristarco Scannabufale: Il cinico gazzettante filo-asburgico omette di segnalare che l’illustre idiota Haydn aveva rubato l’idea ad Andrea Luchesi, il quale gliel’aveva suggerita con un messaggio su WhatsApp non appena si fu divulgata la notizia della battaglia navale di Abū Qīr (1-2 agosto 1798). Le prove sono contenute nella memoria dello smartphone di Luchesi, depositato presso la Biblioteca Estense e Universitaria di Modena. Nella ricorrenza del 5 maggio 2021 (“Ei fu, siccome immobile”) crediamo doveroso rivelare al mondo questa imbarazzante verità, a lungo occultata dalla musicologia ufficiale. 

Supplemento alla nota, ancora del prof. Scannabufale: Un lettore che preferisce rimanere anonimo ci segnala come a suo parere la nostra precedente glossa potrebbe peccare di anacronismo. Non esisterebbero infatti le prove che Andrea Luchesi e Joseph Haydn disponessero di accesso alle reti digitali di comunicazione in generale e a WhatsApp in particolare. A questa cavillosa obiezione si risponde facilmente ricordando la grande diffusione della telegrafia ottica e dei piccioni viaggiatori nella seconda metà del Settecento. In ogni caso il sign. Taboga Agostino ha già avanzato al proposito un suo teorema di ineccepibile solidità matematico-codicologica, a base come sempre di “si deve assumere”, “sembra/sembrano”, “è lecito ritenere”, “avrebbe” e “sembra logico”. Si legga qui la sua trionfale dimostrazione del plagio ai danni del genio italiano. E c’è di peggio: le grandi Messe sinfoniche da riattribuire sarebbero in realtà tre, perché – come affermano Bianchini & Trombetta: “V’è il serio dubbio che Haydn abbia potuto comporre musiche così complesse incompatibili col suo stato fisico e mentale [si parla dei Quartetti op. 76-77, delle ultime sei Messe e degli Oratorii, ndr]. Tesi già sostenuta con dubbio sfoggio di dottrina neuropatologica da Taboga senior; ma lasciamo ora la parola all’Erede:

“Quanto a Luchesi e alla perdita della sua musica strumentale si deve assumere come anche la sua produzione sacra, soprattutto bonnense, sia per lo più dispersa. Presso la biblioteca Estense Universitaria di Modena esiste, però, una copia della Missa in Angustjis (Mus. D.165), altresì conosciuta come Nelson Messe (1798), le cui parti separate sembrano integralmente corrette proprio nella grafia di Luchesi. […] Il manoscritto della Missa in Angustjis sembra far luce sull’origine luchesiana della messa. Luchesi, cui fu inviato il manoscritto della messa a Bonn l’avrebbe successivamente spedito al principe perché fosse unito a quello che è lecito ritenere il suo archivio personale. Sembra logico pensare, infatti, che il pericolo dell’invasione abbia suggerito al Kapellmeister italiano di affidare il proprio archivio al principe in fuga e la copia della messa intestata ad Haydn, ma anche quelle di Pauken Messe (1796) e Schöpfung Messe (1801), oggi a Modena, siano copie personali di Luchesi”.

(Fonte: Agostino Taboga, consultabile qui)

Bibliografia

Carlo Vitali, L’ora della capra o l’illustre idiota consultabile qui

Bufalografia

Giorgio Taboga, recensione a: Piero Buscaroli, Beethoven, in “Episteme”, n. 8 (2004) consultabile qui.

Luca Bianchini e Anna Trombetta, Mozart: La Caduta degli dei, vol. I, Tricase, Youcanprint Self-Publishing [ma: Printed in Germany by Amazon Distribution GmbH, Leipzig], 2016: a p. 400.