Ahinoi, ché cadiamo, n. 154

Diseredato? Supercazzole prematurate  nella spezieria di Sondrio

Lettera aperta di Carlo Vitali all’Accademico Feraspe

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Caro Feraspe,

il tuo contributo multimediale sulle esternazioni televisive di Bianchini & Trombetta (LINK) suscita in me un divertito sgomento, e con esso un paio d’interrogativi. Primo: dove trovi il tempo e lo stomaco per trascrivere codeste ciance ventose? Secondo: ma ti pare caritatevole mostrare nella cruda evidenza del body language la miseria spirituale di personaggi che in fondo sono esseri umani? Come noi e come Mozart, verso cui nell’intervista all’emittente Telemonteneve Livigno, rubrica “Grandangolo”, i due Bufalari ostentano un’affettata pietas: “Poi Mozart di per sé è un uomo, è una persona umana che è stata sfruttata”. Certo, soprattutto da loro due per impiantare una manifattura casalinga di bufale scadute. La quale, tutto sommato, deve rendergli benino, poiché nelle immagini catturate dal video si rivela una sperticata dilatazione della sfera corporea che mi viene spontaneo mettere in relazione con la rossiniana Società dei Pappataci: “Le guance tumide, le pance piene/ fanno conoscere che vivon bene”. Per inquadrarli serviva appunto un grandangolo; mai nome di rubrica televisiva fu più azzeccato.

E fin qui avrei voglia di augurare loro “Buon prò vi faccia”; ma poi, scrutando in dettaglio l’unzione pseudoliturgica del gesto ora ammonitore, ora benedicente, ora assorto in profetiche visioni, mi tornano alla memoria altri passi di meno umoristico conio. Ad esempio questo, dal Salmo 72 (73), 6-8: “Dell’orgoglio si fanno una collana e la violenza è il loro vestito./ Esce l’iniquità dal loro grasso, dal loro cuore traboccano pensieri malvagi./ Scherniscono e parlano con malizia”, ecc. Le scorrerie clientelari a Radio Vaticana in compagnia del dr. Taboga junior (tanto cognomini nullum par elogium) devono aver dato loro alla testa, come sembra suggerire anche il nostro co-Accademico della Bufala Mirko Schipilliti nel titolo del suo brillante pamphlet Ma voi chi siete per dirci questo, Dio? Certo che no, al massimo paciocconi Anticristi di provincia.

Ma ora basta con le sensazioni a pelle. Tu, io e gli altri Accademici della Bufala non siamo musicologi impressionisti; semmai un poco positivisti: vogliamo fatti e documenti, non rivelazioni mistiche come quelle del duo di Sondrio. E se ci vien voglia di udire una predica andiamo da un prete vero, con la tonaca. Una bufala avariata, circolante fin dai tempi di Parisotti, l’hai già ricordata tu: la confusione fra il Tommaso Giordani emigrato a Dublino e il Giordaniello del Tesoro di San Gennaro. Della stessa serie dei due Dussek (Dusík/Dušek), dei quali i Nostri impastano uno solo: Václav Jan, blaterando a vanvera che non scrisse una sola sinfonia perché era povero e, a differenza del raccomandato Beethoven, non poteva disporre di un’orchestra per provarle (cfr. Rotolone I, pp. 28 e 393). Discriminato perché boemo, ci raccontano; eppure František Xaver Dušek, boemo come lui, di sinfonie ce ne ha lasciate una quarantina. Mentre anche Václav Jan, sommo virtuoso del pianoforte, scrisse molto per orchestra: concerti in cui egli stesso agiva da solista. Si provvedano di una buona enciclopedia, poi se ne riparla.

Ed ecco per buona misura una grassa bufalona a due voci sempre ricavata dalla tua trascrizione. Trombetta: “È stato diseredato”. Bianchini: “È stato diseredato dal padre, tutti a Salisburgo l’hanno dimenticato per cinquant’anni […]”. Ma questa chi gliela avrà raccontata? Va bene: in sede di comunicazione orale non si può andare tanto per il sottile, e allora cerchiamo nei Rotoloni. A p. 134 del vol. I troveremo un patetico: “Il figlio adorato, diletto, ‘fu diseredato proprio dalla sua città’. E questo stesso figlio fu, in effetti, diseredato anche dal padre, ‘in senso più che metaforico’. Finirà per diventare, nella sua città natale, ‘quasi una non persona’, ‘misconosciuta dai concittadini'”. Tutti quei virgolettati interni rimandano ad una prefazione di Maynard Solomon, un pezzo di bravura letteraria nel quale l’autore statunitense, incline per originaria professione e gusto personale alle seducenti narrazioni psicodrammatiche condite di abbondanti citazioni freudiane, anticipa un copione che poi svilupperà diffusamente nel cap. 25 della sua biografia Mozart. A Life (1995).

Sulla circostanza che Wolfgang fosse a Salisburgo persona non gradita dopo il suo drammatico licenziamento dal servizio nel 1781 (col famoso calcio nel sedere allungatogli dal conte Arco) non sussistono dubbi. Almeno finché vi governò l’arcivescovo Colloredo, cioè fino al 1803. Dopo il breve interregno dell’arciduca Ferdinando di Toscana e la pace di Presburgo (1805) la corte fu smantellata e molti membri della cappella si dispersero ai quattro venti, sicché Salisburgo, musicalmente parlando, restò un buco nero sino al 1841 con la costituzione del Dommusikverein e della Fondazione Mozarteum. Dal 1792 erano sorte società mozartiane e monumenti al defunto in molte città europee, da Graz a Praga a Berlino e addirittura a Rovereto (1825); Salisburgo attese fino al 1842, ma lo commemorò in pompa magna alla presenza dei due orfanelli Mozart accorsi da lontani paesi. E con questo? Le condizioni politico-sociali di una ex capitale decaduta a cittadina fantasma fra le montagne del Salzkammergut potrebbero spiegare la “dimenticanza” più concretamente di tante speculazioni dietrologiche che B&T copiano golosamente da Solomon.

Quanto all’eredità materiale del padre, sappiamo positivamente che, dopo frettolose trattative epistolari condotte fra Vienna e Salisburgo, Wolfgang si fece liquidare pronta cassa, al netto delle imposte, 1000 fiorini viennesi pari a 1200 fiorini salisburghesi, più metà del ricavato di vari oggetti preziosi messi all’asta dal 23 al 28 settembre 1787: un po’ più di 570 fiorini salisburghesi. La sorella Nannerl si tenne le lettere e lui le partiture. Ecco cosa ne scrive Ruth Halliwell, che al tema dedica un intero capitolo, il 35°, del suo ben documentato volume The Mozart Family. Four Lives in a Social Context (1998): “L’accenno del 1782 [in una lettera del padre, ndr.] che Wolfgang non poteva attendersi un gran soccorso finanziario da Leopold non può onestamente (with integrity) essere usato per sostenere che Leopold lo abbia diseredato” (op. cit., p. 395, n. 38). Più avanti si ribadisce senza complimenti che i conteggi di Solomon circa le disponibilità patrimoniali di Leopold sono “inattendibili” (unreliable) e gonfiati a furia d’ipotesi contro la documentazione esistente, di cui non fanno parte né un testamento né un inventario post-mortem. A dire della studiosa, le asserzioni circa un Wolfgang “diseredato” si basano fondamentalmente su una moderna fonte secondaria essa pure molto speculativa, e per di più mal compresa e mal tradotta da Solomon: Walter Senn, “Zur Erbteilung nach Leopold Mozart” in Neues Augsburger Mozartbuch (a cura di H. F. Deininger), Augsburg, 1962, pp. 383-395). Chi fosse interessato ai dettagli contabili e alle fonti che li attestano, può leggerli sul citato volume della Halliwell (pp. 615-618 e altrove, passim).

Ne erano a conoscenza i signori Bianchini e Trombetta? In teoria sì, perché lo citano nella loro bibliografia, ma facendovi riferimento una sola volta a p. 88 e n. 234 del Rotolone I: “Le prime tre voci del catalogo sono state fatte quasi certamente in modo retrospettivo, circa a novembre del 1784, il che solleva delle questioni sull’accuratezza delle date assegnate da Wolfgang ai suoi lavori”. Per poi cercare di insinuare nel loro solito modo raffazzonato – citando a sostegno il blog di tale Pei-Gwen South, musicologa e folk singer sino-australiana convertita all’ufologia – che il Verzeichnüß aller meiner Werke, cioè il catalogo personale di Mozart oggi conservato alla British Library, “potrebbe essere un falso”. Ma come, se è autografo? Perché la grafia è troppo uniforme nel corso di sei anni o poco più (!), mentre gli inchiostri sono diversi, chiaro indizio di dolo (!!). E poi la grafia di Mozart, sostengono i due saputelli, “non è affatto certa, né è stata mai seriamente studiata”. Andassero a dirlo al fantasma di Alan Tyson se vogliono rimediare una legnata dall’oltretomba. Magari la dottoressa Halliwell – studiosa indipendente, ottima germanista e autentica gentildonna – si limiterebbe a contestargli come il loro metodo di stagliuzzare una frase fuori da un contesto affermante ben altro sia del tutto carente di “integrity“, cioè di onestà prima ancora morale che scientifica. Detto in basic Italian: una supercazzola prematurata nella spezieria di Sondrio e divulgata nell’etere dalle candide antenne di Telemonteneve Livigno. Che non sarà la BBC, però potrebbe stare più attenta a chi inquadra nel suo Grandangolo. Che ne dici, o Feraspe ? Gli mandiamo per conoscenza queste modeste precisazioni?

Un cordiale saluto accademico dal tuo

Carlo