di Carlo Vitali

Questa Marchia (ossia marcia) in Re maggiore, proviene dal primo atto dell’Ademira, l’unica opera seria di Andrea Luchesi, rappresentata a Venezia nel 1784. Fonte: Lisbona, Biblioteca da Ajuda.

Stessa tonalità, stesso metro, stessi patterns ritmici, organico similare in questa “Marchia” di Quirino Gasparini nel Mitridate, re di Ponto (Torino 1767): Fonte: sx.: Parigi, Bibliothèque Nationale, dx.: Torino, Archivio dell’Accademia Filarmonica – Società del Whist (stesso copista).

E poi abbiamo quest’altra “Marchia” di Mozart fanciullo nel Mitridate, re di Ponto (Milano 1770). N.B. Diversamente che nella partiturina Eulenburg, anche Wolfie — o Wolfie+Leopold, e in questo caso un loro copista — scrivono “Marchia” (Fonte: Lisbona, Biblioteca da Ajuda).

Dai Trombini si adduce come prova di un “plagio” mascherato del Mitridate il fatto che il brano in oggetto è intitolato da Gasparini “Marchia“, e che anche Mozart lo definisce esattamente con lo stesso termine: “Marchia”, appunto. E subito parte lo stracciamento di mutande di vesti:

“… il 4 agosto 1770, nella stessa tonalità, con lo stesso ritmo, lo stesso tempo, lo stesso accompagnamento, lo stesso organico e all’incirca [sic] la stessa melodia del pezzo di Gasparini. Leopold dovette rimanere affascinato a sfogliare per la prima volta il Mitridate di Torino e volle subito far sua la bella Marchia in RE dell’abate […] Solo di recente la Marchia completa è saltata fuori dal manoscritto di Lisbona e molti hanno gridato al miracolo, senza accorgersi che il pezzo si chiama in quel modo proprio perché confezionato sopra quello di Gasparini. […] Nella lettera del 4 agosto 1770 Mozart s’attribuì la Marchia di Gasparini scritta nel 1767 […]”. Fonte: Mozart in Itaglia, pp. 285-287.

Proprio una bojata marchiana, per dirla con Neutral Reader, utente pietra d’angolo del thread Il caso Luchesi nel forum di musicaclassica.it.

Gli sprovveduti di Sondrio non sanno che nel Setteciuuuento “marchia” e “marcia” erano termini perfettamente intercambiabili (per stavolta gli risparmiamo la lezioncina perché si è visto che di linguistica storica non ne sanno una beata e considerano dialettale tutto ciò che non trovano sull’ultima edizione dello Zingarelli, del Duden o del Larousse). Quella che fa cascare le gonadi al livello delle rotule è la loro cosidetta “analisi” musicale. Come Gasparini 1767, Mozart 1770 e Luchesi 1784 non ignoravano, non c’erano tante altre possibilità per comporre una marcia militare d’ordinanza con trombe e corni naturali, timpani, pifferi, oboi e tutto il solito ambaradan da piazza d’armi💂‍.

Allora chi ha plagiato chi, signori romanzieri d’appendice? Verosimilmente nessuno. A sfogliare decine di partiture operistiche del Settecento, quel secolo della Ragione che conobbe appena 25 anni di relativa pace, chissà quante marchie dello stesso conio (Re maggiore, Maestoso, metro binario, ritmo marcato, corni, trombe, oboi…) si potrebbero trovare?

Ad esempio questa, dal Farnace di Mysliveček (Napoli 1767; fonte: Monaco, Bayerische Staatsbibliothek):

Marce in ordine chiuso e parate militari con la banda in testa (si veda il film Barry Lyndon, capolavoro di Stanley Kubrick)facevano parte di un soundscape quotidiano che ogni Europeo di quel tempo non poteva evitare di assorbire fin dalla più tenera età.

Aneddoto gentilmente fornitomi dal co-accademico Paolo Congia: “Bianchini eTrombetta mi ricordano un mio amico di gioventù, incapace di distinguere la marcia funebre di Beethoven da quella di Chopin. Secondo lui erano uguali.”

Eggià: l’essenziale è che non manchi il catafalco 🙂