“L’identificazione del Flauto magico con la massoneria non poteva apparire, tra estate e autunno del 1791, così evidente e sicura come la garantiscono oggi orde di sedicenti esperti, ermeneuti e chiromanti, nelle cui chiacchiere è divenuta uno stracco e assordante luogo comune”.

Lo stile è l’uomo. La frase appartiene al compianto Piero Buscaroli, autore di cui sono ben noti il ragionevole argomentare e l’amabile capacità discorsiva. I due Sondrioti se ne sono innamorati al punto di clonarla paro paro in due riprese: nel Rotolone II (p. 347 e n. 1182) e nel Rotolone III (p. 79 e n. 156). Buscaroli scriveva nel 1996; supponiamo che fra i “chiromanti” vadano annoverati anche studiosi di varia caratura e tendenza come Alberto Basso, Lidia Bramani, Angelo Sebastiani, Francesco Attardi e – fuori d’Italia – Jacques Chailley, Peter Horvath o Peter Paul Fuchs. Lungi da noi la velleità di soppesarne i relativi meriti e il grado di conoscenza iniziatica; il fatto si è che Bianchini e Trombetta (da ora in poi B&T) ne sono totalmente digiuni. In basic Sicilian: non ne sanno una beata. Al punto di affermare ogni due per tre con asfissiante sicumera che Mozart padre e figlio erano massoni deviati, Illuminati, Frankisti, Fratelli asiatici e via strologando.

Per asseverare tale apodittica certezza, che tutti gli autori citati definiscono ipotetica e indimostrata, si appellano nientemeno che all’autorità di Paul Nettl, ebreo ceco perseguitato dal nazismo e naturalizzato statunitense, massone iniziato fin dagli anni Venti del Novecento, puntiglioso ricercatore negli archivi delle Logge. In particolare al suo fondamentale volume Mozart and Masonry, New York, Philosophical Library, 1957. Ci provano col solito metodo sondriota da bari di carte: citazioni stiracchiate oltre ogni logica, capovolte di significato o addirittura inesistenti. Nel Rotolone III ne abbiamo contate una decina, ma per non farla lunga ci limitiamo ad una fra le più clamorose (p. 46 e n. 109). Scrivono i due: “Leopold era ben informato sui circoli illuminati e sugli affiliati, come dimostra la lettera del 14 ottobre 1785.” “Nettl la considera una delle prove dell’adesione dei Mozart al movimento degli illuminati”. Nessun rimando al luogo dove Nettl affermi tal cosa. Afferma invece l’esatto contrario (Nettl, op. cit., pp. 11-12): “Leopold wrote a letter to his daughter on October 14, 1785, which casts doubt on his membership in the Illuminati”.

Getta solo un dubbio? Citiamo un passo della lettera incriminata nella traduzione italiana di Marco Murara: “Grazie al signor Ramm – e grazie alle lettere di Marchand, sono venuto a sapere che non un centesimo di tutto quello che si narra qui a proposito degli Illuminati di Monaco corrisponde a verità. È vero che c’è stata un’inchiesta e che alcune teste calde sono state bandite o sono partite spontaneamente; gli altri, che si sono spiegati sinceramente davanti al principe elettore, sono rimasti, – fra i quali uno dei loro capi, il signor dottor Baader. – La cosa più singolare è che qui circola una lista dei membri della loggia di Baader, che conta circa 70 nomi, per lo più di preti, e fra di loro c’è il signor conte von Spaur, canonico di Salisburgo. – In base a ciò che mi ha raccontato il signor Ramm, i veri massoni (dei quali fa parte lo stesso principe elettore) sono molto in collera contro questi eccentrici [nell’originale tedesco: diese Sonderlinge], ed è per questo che è stata fatta un’inchiesta approfondita su questi esaltati”.

Davvero informazione di prima mano e prova sicura di adesione, signori falsari! Considerata la faccia tosta di B&T, non sorprende perciò di trovare a p. 211 del Rotolone III il seguente coacervo di bufale:

“Paul Nettl per primo sostenne che nel Flauto magico si allude chiaramente alla massoneria, in particolare ai simboli e ai rituali dell’Ordine, efficacemente descritti da parole, suoni, scenografie”.

Per primo nel 1957? Fra i moltissimi precedenti, Nettl cita lo storico Ludwig von Batzko e la sua Allegorie aus der Zauberflöte (1794): “alcune scene alludono alle cerimonie di certi ordini. I loro membri le riconosceranno senza spiegazioni, e perfino i non iniziati ne capiranno una parte, ammesso che siano informati sui misteri delle antiche culture. Ma per quelli che ne sono ignari ci vorrebbe troppo per spiegare le singole allusione ed espressioni” (cit. in Nettl, p. 82). Altre testimonianze precoci riguardano una conferenza tenuta nello stesso anno alla loggia “Pelikan” di Altona (Nettl, pp. 86-87), e la circostanza che la raccolta Freimaurerlieder mit Melodien (Berlino 1795) si apre con due canti di loggia dove si citano altrettante arie di Papageno e di Sarastro (Nettl, p. 58).

Ancora B&T: “Questa teoria si basa sull’immagine che abbellisce il frontespizio del libretto [per la prima viennese del 1791, n.d.r.] e che rimanderebbe alla novella Sethos di Terrasson e al saggio di Born Sui misteri degli egizi. L’illustrazione è dello stampatore Ignaz Alberti, che era massone e fratello di Mozart”.

Altra megabufala. Alla simbologia massonica della Zauberflöte Nettl dedica un intero corposo capitolo: “The Magic Flute: Words And Music” (pp. 88-93). E qui ci tocca rivelare un penoso segreto di bottega. Nella loro velleitaria decostruzione di Nettl i due Sondrioti non sono andati oltre la p. 20. Per il resto hanno sfruttato, e talora plagiato all’ingrosso, il polemico saggetto revisionista – confusionario per eccesso di erudizione – di un certo David J. Buch, studente di Cedar Falls, Iowa (Zauberflöte, Masonic Opera, and Other Fairy Tales, in “Acta Musicologica, 76/2, 2004, pp. 193-219). Dunque i Nostri maramaldeggiano su Nettl per bocca di Buch, un procedimento che si rivela rovinoso per la solidità del loro già traballante edificio. Così le complesse sinfonie di Nettl e Chailley, ma anche l’inconcludente sonatina di Buch, si degradano in questo scurrile squillo di trombetta (absit injuria verbis) al luogo sopracitato del Rotolone III: “La disegnò secondo l’iconografia egiziana per suggerire la generica ambientazione di una fiaba orientale”.

Illazione non dimostrata, è solo crusca mal digerita del sacco di Buch.

Sempre B&T: “Molti di quei simboli [quali?, n.d.r.] si ritrovano infatti uguali nell’altro Singspiel di Schikaneder Babilons Piramiden, opera del 1797 che evoca assiri, babilonesi e le loro pratiche occulte nelle quali nessuno ci [sic, sintassi trombiniana] vede la massoneria. La stampa di Alberti non dimostra quindi che la Zauberflöte abbia significato latomistico”.

Plagio come sopra, cfr. Buch, op. cit., pp. 198-9. Di originale B&T aggiungono solo lo sfondone di tradurre “frontispiece” con “frontespizio”. Prendano nota gli ignari orecchianti di biblioteconomia (e orecchioni tout court): in italiano si chiama “antiporta”, mentre al “frontespizio” italiano corrisponde l’inglese “title page”.

Ciò premesso, vediamo di analizzare di prima mano quella famosa antiporta di Ignaz Alberti, a dire delle Loro Bufalesche Signorie genericamente orientale e per nulla latomistica (vulgo: massonica). Nettl ne offre un’interessante esegesi alle pp. 82-3 del suo volume; noi ci permettiamo di scostarcene in alcuni dettagli secondari. Per giustificare il nostro ardire rimandiamo a due pubblicazioni tecniche: Albert G. Mackey, A Lexicon of Freemasonry, London-Glasgow, Richard Griffin & Co., 1860 e Salvatore Farina, Massoneria azzurra. Rituale dei lavori degli Antichi, Liberi, Accettati Muratori, Carmagnola, Arktos, 1985. Ce ne sarebbero di più antiche, ma per i profani come noi (e come i Sondrioti) queste possono bastare. Ricordiamo che per “Massoneria azzurra” o “Blue Lodge” s’intende il rito maggioritario a livello mondiale, basato sui tre gradi simbolici di Apprendista, Compagno e Maestro. A questo appartenevano i due Mozart; circa altre affiliazioni a gradi superiori o riti paralleli ed “eretici” tipo Rosacruciani o Illuminati non v’è alcuna prova, e non è a Nettl che ci si può appellare per trovarla: “Apparently neither Leopold nor Wolfgang Mozart left any written evidence of their membership in the lodges of the Illuminati” (Nettl, p. 11). Dello stesso avviso è perfino l’estroso ufologo canadese Terry Melanson, fonte privilegiata per la mitologia complottista dei nostri (si fa per dire) eroi. Cfr. il suo Perfectibilists: The 18th Century Bavarian Order of the Illuminati, Walterville, Trine Day, 2009 ad voces Blumauer, Aloys e Lichnowsky, Christian Karl.

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Passiamo ora alla dimostrazione iconologica. Sul margine sinistro: un pyramidion con rilievi raffiguranti, oltre ai simboli astrologici dei sei pianeti conosciuti nell’antichità, il bue Api (lettera a) e l’uccello Ibis – simbolo di Thot, dio egizio della scrittura – con un serpente nel becco (lettera b). Macché Babilonia d’Egitto!

In alto al centro: sospesa ad una catena a mo’ di lampadario, domina la scena una stella a cinque punte con entro inscritta la lettera “G” in carattere Fraktur (vulgo: gotico). Ne scaturisce una fiammella che illumina la scena. La “stella fiammeggiante” è l’emblema del secondo grado massonico, quello di Compagno. La lettera “G” sta per God nelle logge anglofone e Gott nelle germanofone; si conserva ancor oggi in quelle italiane di Rito Antico e Accettato. In basso al centro: la testa e la spalla nuda di un cadavere (lettera d) fuoriescono da una tomba demolita; il viso è rivolto alla stella. Margine destro: sulle rovine del tumulo che racchiudeva la tomba spunta un fitto cespuglio (lettera e). Ai piedi del cespuglio due strumenti abbandonati dagli scavatori, un piccone (f) e una vanga (g), più altri due oggetti meno immediatamente decifrabili: una clessidra (h) e una brocca (i).

Il tutto rimanda alla leggenda di Hiram, l’architetto del tempio di Salomone, così come viene rievocata nel rito di promozione al grado di Maestro. Hiram era stato ucciso da alcuni massoni infedeli che volevano estorcergli la “parola di passo” del suo grado superiore. Un cespuglio di acacia, simbolo della morte iniziatica, segnala ai suoi compagni la tomba in cui è stato nascosto. Nel comunicare il luttuoso evento ai Fratelli adunati, il Maestro Venerabile afferma che gli oggetti abbandonati sullo scavo sono indizio dell’identità dei criminali. Si tratta dunque di Apprendisti, che prima di pronunciare il giuramento d’iniziazione erano stati rinchiusi nel “gabinetto di riflessione” in compagnia, fra altri oggetti ammonitori, di una clessidra, una brocca d’acqua, un tozzo di pane e un teschio. Alla scoperta del delitto seguirà la rinascita del defunto nella persona del nuovo Maestro. Morte e risurrezione per mezzo di rituali simbolici (eventualmente a sfondo alchemico e astrologico, come suggeriscono nell’incisione i glifi dei pianeti, la stella fiammeggiante e l’uccello Ibis) erano il pane quotidiano degli antichi misteri di Iside così come dei nuovi della Loggia.

Dettaglio interessante su cui riflettere: dopo la prima serie di rappresentazioni al Theather auf der Wieden l’antiporta scomparve dai successivi libretti. Negli Stati austriaci la massoneria era ormai al bando; per Schikaneder, espulso dalla Loggia di Regensburg per mala condotta civile, dopo la morte di Mozart la continuazione del suo business as usual non avrebbe certo tratto vantaggio da riferimenti troppo precisi all’ispirazione originaria della Zauberflöte. E vi meraviglia davvero che ad accorgersi delle non poche e non equivoche allusioni ai riti grembiulineschi fossero per primi, a partire dal 1794, i Fratelli del Nord germanico? Questa è un’altra bufala che vi siete sorbiti devotamente dallo scritto di Buch (p. 201).

Vi basta così, dottori Bianchini e Trombetta? Chi scrive non è iniziato ad altri misteri che non siano quelli del Rosario; però considera un enorme mistero (laico e doloroso) l’esistenza di “dottori” come voi, ignoranti in omnibus rebus et quibusdam aliis. Mi spiegate gentilmente chi ve lo fa fare di scrivere simili libri e di pagare per pubblicarli facendovi ridere dietro?