im Monath May [1788]
Arietta für M:[onsieu]r Albertarelli in die Oper le Gelosie fortunate. un bacio di mano p:[er] 2 violini, i flauto, 2 oboe, 2 fagotti, 2 Corni, viole e Bassi.

Per i signori Bianchini e Trombetta in questa laconica voce di catalogo [1] si nasconderebbe una pistola fumante, anzi una bomba termonucleare; e ce lo dimostrano a rigor di logica:

            “Un’Aria sostitutiva viene di solito scritta per il personaggio principale dell’opera, non per quello secondario, cioè Girò. Il libretto ci dimostra che Mozart non può aver scritto un’aria per Albertarelli, perché “Un bacio di mano” è cantata da Girò, cioè da Del Sole. Il catalogo è quindi falso anche per ragioni di logica. Mozart non sa in che giorno ha scritto l’arietta, perchè nel catalogo si dimentica di segnarlo. Neppure esiste l’autografo, c’è solo una copia che non è datata. L’unica fonte che sinora ha attribuito il pezzo a Mozart è il catalogo personale. In questa Arietta c’è la citazione quasi esatta di un passo della Jupiter. Mozart avrebbe completato la sinfonia il 10 agosto 1788, appena tre mesi dopo “Un bacio di mano”. [2]

Abbiamo capito dove si vorrebbe andare a parare: il catalogo deve logicamente essere falso perché così possiamo (ad esempio) disattribuire a Mozart il lavoro registrato appena tre pagine più avanti come “Eine Sinfonie”. La Jupiter KV 551, per noi posteri creduloni. Poteva mai l’imbroglioncello di Salisburgo concepire un vertiginoso fugato a cinque voci come quello che chiude il suo ultimo lavoro sinfonico?

Si obbietta che un’annotazione currenti calamo in un brogliaccio ad uso personale non è un rogito notarile o una fattura; non gli si richiede la stessa acribia nel riportare i minimi dettagli di una transazione professionale. I nostri amici ipercritici vorrebbero forse leggere qualcosa del genere: “Oggi, 10 maggio del 1788, a noi, Wolfango Amadeo Mozart, compositore di musica in Vienna, si è presentato alle ore 11:30 presso il nostro domicilio sito in Tuchlauben, casa della Farmacia del Moro, il signor Albertarelli Francesco, a noi personalmente noto, di professione basso nella compagnia di canto presso l’Imperial Regio Teatro, etc […] e in fede di ciò gli abbiamo consegnato, previo il pattuito saldo di fiorini 5 e kreutzer 18, l’autografo timbrato e bollato dell’Arietta da noi scritta dietro sua commissione, etc […].”. Ma nemmeno così basterebbe. Il catalogo è falso perché lo dichiarano illustri studiosi quali il papirologo Agostino Taboga (comunicazione telefonica agli Autori in data 18 maggio 2019) e l’inventore dell’antropomusicologia forense Martin Jarvis, sul conto del quale si veda quanto già detto in queste pagine.

Ma veniamo alle cose serie. Il romano Albertarelli, creatore del ruolo mozartiano di Don Giovanni, era un basso di notevole versatilità, protagonista di una brillante carriera internazionale, capace di ricoprire ruoli di primo buffo e di mezzo carattere; pare anzi che a San Pietroburgo abbia perfino cantato nel 1799 un ruolo serio benché minore: Orombate nell’Alessandro di Friedrich Heinrich Himmel. Mentre Nicola Del Sole, pure romano, era un buffo caricato che cantò parecchio in Italia, ma all’estero solo a Graz nel 1783 e poi nella compagnia del Burgtheater viennese dove entrò nel 1787 rimandendovi fino alla morte nel maggio 1791. Interessante quanto riferisce Dorothea Link: a Graz nel 1783 avrebbe cantato un ruolo da basso nel Falegname di Cimarosa, la stessa opera in cui a Milano nel 1781 aveva ricoperto un differente ruolo tenorile. [3] Tale circostanza parrebbe un buon preludio al piccolo mistero delle Gelosie viennesi.

Lo scenario più economico (dunque preferibile a parità d’ipotesi preliminari; nevvero, professor Occam?) è che Albertarelli fosse dapprima convinto di dover cantare quella parte e quell’aria, e sia andato da Mozart col libretto per commissionargliela. Siamo nel mese di maggio e l’opera di Anfossi deve andare in scena a giugno; Mozart esegue, annota “für Mr. Albertarelli”, scrive “bacio” nella pagina sinistra e “baccio” nella destra (entrambe forme attestate nell’italiano antico, ad esempio in Goldoni; non c’è da menare scandalo come fanno i maestrini di Sondrio parlando di “evidente errore ortograflco”). La tonalità è Fa maggiore, l’incipit vocale è in chiave di basso. Al netto di tutte le approssimazioni e le parziali sovrapposizioni che i termini di tenore e basso implicano in quell’epoca — specie nel repertorio buffo — cosa può essere accaduto nelle more dell’andata in scena per provocare lo scambio dell’arietta fra Albertarelli e il meno titolato collega?

Tanto per cominciare è fattualmente falso che oltre al catalogo personale nessuna altra fonte coeva attribuisca a Mozart l’arietta in questione. Dell’argomento si occuperà con apposito saggio in preparazione il nostro co-accademico Carlo Centemeri; a noi in questa sede preme soprattutto “decostruire” (verbo alla moda) la pseudo-logica dei signori Bianchini e Trombetta, in tutto degna dei teoremi enunciati con burbanzosa sicumera dal loro maestro spirituale Giorgio Taboga. Ad esempio: Mozart non frequentò un regolare corso di studi, dunque era un genio fittizio perché “non esistono geni autodidatti”; il ritratto di Neefe deve invece raffigurare Luchesi perché la faccia “non è tedesca” e Neefe “non aveva diritto a un ritratto ope legis“, e via sproloquiando.

Dedichiamoci dunque al ragionamento logico, terreno infido quando si discute con terrapiattisti e teorici del complotto:

“Un’Aria sostitutiva viene di solito scritta per il personaggio principale dell’opera, non per quello secondario”. [4]

Dato e non concesso che si tratti di una legge generale ed astratta, la clausola “di solito” ne riduce la validità a mera congettura probabilistica. Basterebbe scoprire una sola eccezione per renderla inapplicabile al caso concreto in esame; ma noi vogliamo strafare inventariando empiricamente quali fossero i destinari delle arie sostitutive e aggiuntive registrate nel “mendace” catalogo Köchel, tale per definizione in quanto fondato su fonti contraffatte come l’apocrifo Verzeichnüß.

Caterina Cavalieri, soprano
A sua espressa richiesta Mozart compose il recitativo e aria “In quali eccessi/ Mi tradì quell’alma ingrata” KV 540c per la ripresa viennese del Don Giovanni(1788). Ruolo secondario di Donna Elvira.

Aloysia Weber in Lange, soprano e cognata di Mozart
a) Aria concertante “Vorrei spiegarvi, o Dio!/ Ah, conte, partite” KV 418 (1783), per la ripresa viennese de Il curioso indiscreto di Pasquale Anfossi. Ruolo di Clorinda, prima donna.
b) Aria concertante “No, che non sei capace” KV 419, come sopra.

Josefa Weber in Hofer, soprano e sorella della precedente
Abbozzo incompleto dell’aria “Schon lacht der holde Frühling” KV 580 (1789), per una versione tedesca del Barbiere di Siviglia di Paisiello, poi non andata in scena. Ruolo di Rosina, protagonista femminile.

Le due sorellacce ferraresi, Adriana Gabrielli del Bene e Louise Villeneuve, ambo soprani nonché sorelle — se non carnali almeno sceniche nel cast di Così fan tutte come Fiordiligi e Dorabella — furono omaggiate da Mozart con un discreto numero di arie sostitutive.

Per Adriana, in occasione della ripresa viennese delle Nozze di Figaro:
Aria-rondò “Al desio di chi t’adora” KV 577 (1789) in sostituzione di “Deh vieni, non tardar” e arietta “Un moto di gioia” KV 579 (idem) in sostituzione di “Venite, inginocchiatevi”. Il ruolo di Susanna, di assoluta caratura protagonistica, era stato creato nel 1786 da Nancy Storace, stella del Burgtheater dal 1783 al 1787. Pare che Mozart nutrisse per lei un’attrazione non esclusivamente musicale; certo è che non gradì troppo il rimpiazzo, come emerge dal suo carteggio e dalla minor qualità delle due arie scritte per adattare la parte a un talento drammatico più ordinario.

Per Louise:
a) Aria “Alma grande e nobil core” KV 578 (1789) nell’intermezzo di Cimarosa I due baroni di Rocca Azzurra. Ruolo di Madama Laura, seconda donna e maligna antagonista.
b) Arie “Chi sà, chi sà, qual sia” KV 582 e “Vado, ma dove? Oh Dei!” KV 583 (1789) per una ripresa de Il burbero di buon cuore di Vicente Martín y Soler. Il ruolo di Madama Lucilla è di seconda donna, disonesta scialacquatrice del patrimonio a lei affidato.

Francesco Morella, tenore
Aria “Dalla sua pace” KV 540a (1788) per la ripresa viennese del Don Giovanni in sostituzione de “Il mio tesoro intanto”, cantata alla prima praghese del 1787 da Antonio Baglioni. Ruolo secondario di Don Ottavio, titolare di un’unica aria.

Johann Valentin Adamberger, tenore
Aria-rondò “Per pietà, non ricercate” KV 420 (1783) per la ripresa viennese del Curioso indiscreto di Anfossi. Ruolo del contino Ripaverde, secondo uomo, interpretato alla prima romana del 1777 dal tenore Vincenzo Calvesi, futuro membro della compagnia del Burgtheater e creatore del ruolo di Ferrando nel Così fan tutte.

Francesco Benucci, basso
a) Recitativo e duetto col soprano Luisa Mombelli-Laschi “Rèstati qua/ Per queste tue manine” KV 540b (1788). Per la ripresa viennese del Don Giovanni in sostituzione dell’aria “Ah, pietà signori miei” cantata a solo da Felice Ponziani. Ruoli: Leporello (co-protagonista), Zerlina (secondario).
b) Aria-rondò “Non siate ritrosi” in Così fan tutte n. 15 (1790), in sostituzione di “Rivolgete a lui lo sguardo” KV 584 (1789). Per Guglielmo, ruolo secondario con solo due arie.

Karl Ludwig Fischer, basso
Recitativo e aria “Così dunque tradisci/ Aspri rimorsi atroci” KV 432 (1783) per il Temistocle di Andrea Bernasconi o di Johann Christian Bach (?). Ruolo di Sebaste, particina di consigliere fraudolento titolare di due arie nell’originale libretto metastasiano.

Alcuni nobili dilettanti viennesi
Per la ripresa dell’Idomeneo nel palazzo del principe Johann Adam Auersperg (10 marzo 1786) Mozart compose il duetto “Spiegarti non poss’io” KV 489 e la scena (recitativo e rondò) “Non più, tutto ascoltai/ Non temer, amato bene” KV 490. In quest’ultimo numero il conte August Clemens von Hatzfeld suonava la parte del violino concertante. Alla prima monacense del 1781 avevano cantato brani differenti il soprano castrato Vincenzo dal Prato (Idamante) e la primadonna di corte Dorothea Wendling (Ilia). A Vienna i loro ruoli furono ricoperti rispettivamente dal barone Francesco Pulini (o Pollini), tenore, e dalla baronessa Anna von Pufendorf, soprano. Si tratta di ruoli primari, ma quello del protagonista assoluto spetta comunque a Idomeneo: a Monaco il famoso tenore Anton Raaf, a Vienna probabilmente il giovane banchiere roveretano Giuseppe Antonio Bridi, amico ereditario della famiglia Mozart.

Al non breve elenco si potrebbe aggiungere la trasformazione in due concertati (quartetto KV 479 e terzetto KV 480, 1785) di altrettanti recitativi secchi ne La villanella rapita di Francesco Bianchi, ma il caso è meno dimostrativo perché associa protagonisti e comprimari. Crediamo tuttavia di aver dimostrato a sufficienza che la regoletta escogitata dal wishful thinking dei signori Bianchini e Trombetta non abbia alcun riscontro nella realtà storica.

Non era il rango del personaggio a determinare per Mozart (e chissà per quanti altri suoi colleghi) la scelta di comporre un brano sostitutivo o aggiuntivo, bensì una complessa rete di variabili che poteva invocare di volta in volta l’esigenza di:

* adattare il ruolo ai talenti vocali e/o drammatici di un cantante professionista più o meno dotato;

* negoziare l’appoggio dei poteri teatrali costituiti: corte, censura, impresari, fazioni interne al pubblico, editoria (ivi compreso il fiorente mercato delle copie manoscritte), una critica giornalistica ancora ai suoi albori;

* compiacere mecenati e dilettanti aristocratici o alto-borghesi;

* favorire il successo, e quindi il potere contrattuale sul mercato, di amici/ amiche e parenti.

La “logica” da applicare in questi casi non è certo quella rigidamente deduttiva che discende da teoremi formulati ad hoc; si tratta piuttosto di contestualizzare nel quadro storico-sociale dell’epoca fenomeni adiacenti come l’aria di sostituzione, l’aria di baule e l’aria da concerto.

Dunque la bomba made in Sondrio ha fatto cilecca? Parafrasando la raccomandazione della cortigiana veneziana al giovane Rousseau, ci sarebbe qui da consigliare: “Zanetto, lascia le matematiche e studia la vita” [5]. Fiato sprecato, ne siamo sicuri.

NOTE

[1] W.A. Mozart (autografo integrale),Verzeichnüß / aller meiner Werke / vom Monath febrario 1784 bis Monath 1–, Londra, British Library, Zweig MS 63: cc. 16v-17r.

[2] Luca Bianchini – Anna Trombetta, Mozart, la costruzione di un genio, Trecase, YouCanPrint, 2019: pp. 55, 57.

[3] Claudio Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800. Catalogo analitico […], Cuneo, Bertola & Locatelli, 1990-1994: passim; Dorothea Link, introduzione all’antologia Arias for Vincenzo Calvesi, Mozart’s First Ferrando, Middleton, A-R Editions, 2011: pp. XIV-XV.

[4] Bianchini – Trombetta, op. cit., loc. cit.

[5] “Zanetto, lascia le donne, e studia la matematica” (Confessions, II, 7).