La caduta dell’intelligenza

di Fabio Bruno

A gran fatica sono giunto al termine di questo “mappazzone” [Mozart – La caduta degli dei] cucinato male e con ingredienti avariati.

Tuttavia, non desta meraviglia alcuna che un simile concentrato di cialtroneria e fandonie trovi la strada spianata in tempi culturalmente bui come i nostri.

Premessa: i volumi riprendono una vecchia e arzigogolata tesi, promossa ormai decenni fa, da un tal Giorgio Taboga, insegnante di matematica, totalmente digiuno di musica per sua stessa ammissione che, (chissà perché!) venuto a conoscenza degli studi di Henseler su un oscuro musicista italiano alla corte di Bonn, inaugurava una triste corrente revisionista nella storiografia musicale italiana. Insomma, secondo Taboga, gran parte delle opere di Mozart (e di Haydn e del primo Beethoven) sono in realtà figlie del “genio” creativo di Andrea Luchesi, compositore italiano, veneto di nascita e attivo fra Venezia e Vienna, e dal 1771 maestro di Cappella presso Bonn. Sfortunatissimo, questo Luchesi, giacché da Bonn in poi, il suo nome viene malignamente cancellato dalla storia. Costretto all’oblio, scrive e vende opere ai sopraddetti genii tedeschi. Non operine, intendiamoci, non danze e marcette al gusto dell’imperatore, no, la “Jupiter”, la “Praga”, il “Requiem” stesso, e ancora le “Sette parole di Cristo”, tre Messe, le Sinfonie “londinesi” di Haydn! A tal proposito, sulla rete si trova un sito a lui dedicato nel quale si trovano boutades davvero divertenti…

Tuttavia occorre prendere atto che anni fa questa strampalata tesi, fondata (o meglio infondata) su di una raccolta di lavori sinfonici adespoti conservati presso la biblioteca estense di Modena, ha destato qualche dibattito sulla figura di questo Luchesi, favorendone la riscoperta della musica (poco interessante in verità, il web propone molte registrazioni) tanto da far dire a un musicologo come Della Croce che forse il veneto, coprendo un ruolo importante presso la corte di Bonn, sarebbe stato il maestro del giovanissimo Beethoven. Ma è un fatto che in tutto l’epistolario di Beethoven non vi sia alcuna affermazione a suffragio di questa supposizione. Beethoven, invero, si dichiarò sempre affezionato allievo dell’organista Neefe, del povero Luchesi neanche una parola…forse semplicemente perché non è mai stato suo allievo? Ah! Ma è più interessante (e lucroso) far credere che Beethoven abbia taciuto per ragioni oscurissime su questo suo maestro!

In questi due volumi, tuttavia, si va ben oltre la falsificazione di Taboga, a cui i volumi sono dedicati. In primo luogo, mi si consenta di citare Karl Popper e Umberto Eco, i quali sarebbero ben felici di vedere come la de-costruzione della verità si fondi proprio su quei meccanismi che avevano messo in luce in modo così sottile. Vi si trovano tutti gli elementi che sottendono a una teoria del complotto che si rispetti: una Verità negata; Poteri (massonici, imperiali, nazisti) che si oppongono ad essa; una rete diffusa e congegnata scientificamente per falsificare le notizie; giornalisti per secoli compiacenti; storici e accademici farabutti e al soldo dei potenti; musicologi e musicisti che cancellano dalla storia e dal repertorio interi capolavori sconosciuti; e, ovviamente, gli Autori (paladini della Verità) che conoscono e svelano finalmente, con eroismo, al mondo intero gli oscuri segreti.

Come creare una controverità? Citando fonti imprecisamente o non citandole affatto; affermando concetti come dati di fatto (“E’ cosa nota che…”); interpretando documenti in modo conveniente alla propria verità; creando il sospetto, in chi legge, che la comunità scientifica, culturale, storica sia in mano a gente senza scrupoli che nega la Verità per propri fini.

A farne le spese sono i lettori che si trovano così nel mezzo di un noiosissimo maremagnum di informazioni senza che il setaccio della ragion critica o del semplice buonsenso siano bussola e sestante.

Ecco quindi servito il mistero. Mozart era un mediocre musicista, senza alcun talento, il cui mito romantico sarebbe stato creato dalla musicologia tedesca e nazista per cancellare dalla memoria i musicisti italiani. Ovviamente, con il mito di Mozart furono creati a tavolino anche quelli di Haydn, di Beethoven e del “ciccione noioso” (così gli autori definiscono in altre sedi Johann Sebastian Bach!), tutto ad arte architettato per affermare la supremazia della germanicità contro l’italianità. A far parte del complotto, in piedi da secoli, accademici, musicisti, regnanti e dittatori, tutti insieme a nascondere verità, tramandando segreti per secoli e diffondendo bugie e falsificazioni solo per non ammettere che Mozart era uno strimpellatore da osteria! Una colossale rete di menzogne!

In verità, i signori autori cavalcano furbescamente l’onda delle panzane che trova fertile suolo fra le maglie della Rete. Così, se a chi ha la pazienza di leggere questa recensione, restano un po’ di tempo e curiosità potrebbe trovare su internet che la vera origine dell’Umanità giunge dal pianeta Nibiru, che il Santo Graal è nascosto a Castel del Monte, che esiste un piano segreto che da secoli cerca di instaurare il Nuovo Ordine Mondiale, che i Protocolli dei Savi di Sion sono autentici, che i vaccini fanno crescere due teste e altrettante sollazzevoli panzane i cui seguaci sono fra gli sprovveduti, i cretini o i furbi.

Ora tocca a Mozart farne le spese, il quale, secondo gli autori di questi scarabocchi, era un musicista senza alcun talento, lontano dalla benché minima creatività, mediocre contrappuntista e (udite! udite!) funesto plagiario, se non ladro della più bell’acqua.

Ebbene, se gli autori non fossero smentiti dalla musica stessa del Maestro salisburghese, sarebbero smentiti dalle loro stesse pagine, gonfie e tronfie oltre ogni misura di falsità (non già storiche, ma anche di nessi logico-causali) le quali non fanno altro che dimostrare la totale imperizia dei due coniugi revisionisti o, vien da pensare ben più d’una volta, la loro cattiva fede.

Qualche esempio fra gli innumerevoli. Nel tentativo di dimostrare come la musicologia tedesca abbia sempre avuto in uggia la musica italiana, nel volume II di questa Caduta degli Dei (pagg. 233-235) viene dedicato un capitolo a quel gioioso capolavoro che è Eine musikalischer Spass K 522 e alla sua rozza e graffiante ironia. Citando Abert gli autori applicano alla lettera i dettami della falsificazione facendo dire al musicologo quello che non dice, e cioè che Mozart nel parodiare l’inettitudine dei musicisti e dei compositori si riferisse agli ottusi italiani che invadevano l’amata patria tedesca, e giocando sul fatto che la gran parte dei lettori non andrà mai a controllare la veridicità di questa affermazione. A dimostrazione del fatto che Mozart non avesse alcuna dimestichezza con il contrappunto, invece, gli autori prendono quel capolavoro che è il Quartetto K 465 “delle dissonanze” e ne riportano la critica feroce che ai tempi ne fece Giuseppe Sarti. È del tutto pacifico, in verità, che il Sarti e il suo tempo non capissero la straordinaria libertà con cui Mozart, in poche battute d’introduzione, si distacca dalle buone norme del contrappunto accademico: non è il primo contemporaneo a non comprendere il genio quando si presenta ad altezze mai raggiunte prima. Viene da pensare subito all’Artusi e alla polemica con Monteverdi, allo stesso Haydn nei giudizi sferzanti su Beethoven o a Goethe che definiva la musica beethoveniana depravata, ma che gli autori credano che Mozart abbia scritto quella pagina commettendo errori grossolani è non solo ridicolo e stupido, ma decisamente in cattiva fede. Invito pertanto gli autori a proseguire l’ascolto del quartetto, partitura alla mano, per apprezzare appieno l’imperizia mozartiana: la storia della musica e delle arti in genere è, per fortuna, piena zeppa di simili “errori”.

Infine mi chiedo come possano credere davvero che sia impossibile percepire il quarto di tono! A pagina 42 del primo volume scrivono:

“Non serve aver discusso una tesi di laurea sulla musica greca antica, per intuire che il quarto di tono è un intervallo quasi impossibile da percepire. Gli antichi greci si lamentavano che col progredire dei secoli i grandi musicisti avevano perso la cognizione dell’enarmonico. Gli intervalli di quarto di tono erano paragonati a piccolissime formiche, che i musicisti dei primi secoli non riuscivano più a distinguere e, a maggior ragione, sarebbero sfuggiti agli strumentisti moderni, abituati ad accordature meno precise.”

Forse gli autori non hanno orecchie molto allenate, ma in verità il quarto di tono lo percepisce chiunque, non serve essere musicisti, e con un poco di allenamento si arriva anche a percepire il centesimo di tono. Fra l’altro, mi domando, come facciano, da musicologi, ad ascoltare gran parte del repertorio extraeuropeo o antico o contemporaneo (consiglio loro i Quarter-tone Pieces di Ives o i Quartetti di Gloria Coates, potrebbero essere per loro utile e affascinante allenamento).

In chiusura: mi piacerebbe vedere gli autori, alle prese con veri studiosi mozartiani, come se la caverebbero, chissà quali complotti e misteri tirerebbero in ballo per salvarsi dal ridicolo!

Vien da sé che il libercolo, a parer mio, sia sconsigliato a chi abbia a cuore l’onestà, la storia e il pensiero critico; per tutti gli altri c’è internet, di cui questa pubblicazione è figlia, e auguro loro che accanto all’impostore Mozart possano trovare anche il famigerato Pianeta X, il calendario Maya e la fine del mondo…che certamente giungerà (maledetti nazisti!) sulle note della “Jupiter!