Di John Wilson (redazione di Carlo Vitali)

Introduzione del redattore

Ha scritto Agostino Taboga il 20 novembre 2022: “Andrea Luchesi lascia Venezia alla fine del 1771. Presentato il Matrimonio per astuzia al teatro San Benedetto raggiunge Bonn con le partiture e le parti delle sue produzioni teatrali, concerti, sonate, sinfonie, quartetti e della sua musica sacra. Basterebbe questo per rigettare completamente l’idea di un musicista a capo di una compagnia itinerante di opera, tanto più che nella lettera al conte Riccati già menziona il suo impegno con la Germania per cui ha composto dei lavori.
Proprio le “alcune cose [composte] per la Germania”, — oggi rintracciabili tra le composizioni sacre giunte a Modena — assicurano ancora una volta l’assurdità della tesi di una compagnia teatrale girovaga che da Venezia sarebbe giunta a Bonn senza alcuna rappresentazione (tesi sostenuta da T. A. Henseler/ C. Valder-Knechtges/ e da ultimo dai ricercatori dell’Università di Vienna che hanno parzialmente studiato il fondo modenese, classificandolo — sicuramente in modo come minimo affrettato — come la biblioteca musicale di Max Franz)[…] Il livello della sua musica, composta prima della partenza, quindi risalente alla fine degli anni ‘60, dimostra ancora una volta come Andrea Luchesi si collocasse ai vertici della musica sacra del periodo e, di converso, tra i più grandi compositori di quegli anni.

Nel campo dell’elettronica o della chimica si disprezzano giustamente le sensazionali “rivoluzioni” e “rivelazioni” su base ideologica, il dilettantismo e l’empirismo privi di metodo. Mentre per le scienze umane tali pratiche perverse si ripresentano di continuo sotto forma di “libertà del pensiero critico” e reclamano orgogliosamente “rispetto” in nome di una sgangherata retorica relativista. Everything goes è il motto di certi scribacchini, anche quando si discute di quelle umili ma utili scienze ausiliarie della Storia (archivistica, paleografia, diplomatica, codicologia) che per statuto metodologico esigono precisione di riferimenti, rigore di misurazioni e ampie basi di dati comparabili. L’Accademia della Bufala si è già occupata della flagrante carenza di tali requisiti nella produzione di Agostino Taboga, fantamusicologo lagunare indebitamente sottratto alla filatelia. A puro titolo di esempio qui, qui, qui e qui. Alla lista delle stroncature si aggiunge oggi con un breve contributo (ma col preannuncio di un altro più analitico) il musicologo statunitense John D. Wilson, che coglie l’occasione di un’ennesima sparata del signor Taboga sul gruppo social di cui è fondatore, amministratore e autore pressoché unico. Siamo lieti di pubblicarlo in traduzione (e, in questa pagina, lo trovate in lingua originale).

“Vento e suono che nulla denota”. Come il signor Agostino Taboga ‘addomestica’ la codicologia.

di John Wilson [*]

Come musicologo che ha ampiamente lavorato per molti anni sulle fonti della biblioteca musicale della corte di Bonn, oggi conservate presso la Biblioteca Estense e Universitaria di Modena, mi ritengo in grado di valutare molte delle affermazioni che Agostino Taboga continua a formulare su quanto tali fonti proverebbero circa Andrea Luchesi e la sua carriera compositiva. Per dirla tutta: ho fatto parte di quel progetto di ricerca dell’Università di Vienna che Taboga critica qui e in svariati messaggi sul suo blog. Ma non ho alcun interesse a rispondere in dettaglio alle critiche da lui mosse al nostro progetto e alle pubblicazioni che ne sono derivate. Data la tendenza del signor Taboga alla prolissità e alla frequente riscrittura degl’interventi sul suo blog, siffatta impresa somiglierebbe al classico gioco da sala “Whac-A-Mole” (Stanga-la-Talpa) [**]. Penso piuttosto che dette critiche siano illuminanti circa il modo in cui egli utilizza qualsiasi lavoro accademico che potrebbe sostenere le sue teorie mentre ignora o attacca qualsiasi studio scientifico che le scardina.

Agostino Taboga, come già suo padre Giorgio prima di lui, desidera provare che Luchesi avrebbe scritto molti dei lavori attribuiti a compositori più celebri, e a questo scopo vorrebbe dimostrare mediante l’analisi delle filigrane che le copie bonnensi di tali opere sono sistematicamente molto più antiche dei relativi autografi, da lui considerati “falsi”. Il sopracitato post è motivato dal suo più ampio progetto revisionista, il quale mescola fatti biografici noti e ipotetici voli di fantasia con arbitrarie conclusioni sulle superstiti composizioni di Luchesi conservate a Modena. I miei nove anni di ricerche su filigrane e copisti, i cui frutti sono appena comparsi in un saggio sui “Bonner Beethoven-Studien” (volume 13, 2022), stabiliscono per il consumo della carta a Bonn una cronologia fortemente dissonante dai pii desideri di Taboga.

Senza dubbio egli tenterà di screditare questa ricerca usando gli stessi sistemi con cui tenta di fare altrettanto ai danni di altri musicologi accreditati: insinuando la presenza di pregiudizi, sollevando l’argomento ad hominem (“ovviamente” un gruppo di ricerca operante a Vienna avrà più fede in Mozart che non in Luchesi!), e maltrattando i metodi della codicologia. Si possono tranquillamente ignorare i primi due, abbastanza trasparenti per il lettore criticamente avvertito; ma per confutare il terzo si richiederebbe energia molto maggiore. Intendo farlo in modo più approfondito in un prossimo articolo per l’Accademia della Bufala, ma eccone intanto una breve anteprima.

Le fonti di Bonn ospitate a Modena sono piuttosto abbondanti: secondo la nostra stima assommano a circa 1.500 segnature e comprendono fogli musicali manoscritti a decine di migliaia. Per un confronto, della famosa cappella di corte di Mannheim sono sopravvissuti solo 350 manoscritti musicali. Una singola fonte può essere estremamente complessa, spesso mescolando più strati di materiale vergati da differenti amanuensi attivi in luoghi diversi e in diversi momenti; un processo che poteva durare decenni. Prima del 2013 questo fondo particolare non era mai stato sistematicamente individuato entro il patrimonio complessivo della Biblioteca Estense, né tanto meno studiato in dettaglio. E senza una ricognizione sistematica è impossibile trarre conclusioni da una qualsivoglia singola fonte. Un attento lavoro di questo tipo richiede tempo, comportando analisi e comparazioni obiettive non solo tra le fonti musicali disponibili, ma anche con il relativo materiale d’archivio, che per la maggior parte è collocato altrove. Condurre questo lavoro correttamente significa l’esatto contrario dell’epiteto “affrettato” del quale ci si accusa qui. D’altro canto, con un materiale tanto abbondante e complesso è molto più facile enunciare rivendicazioni stravaganti e scegliere a piacere una pagina o due di carta pentagrammata che sembrano confermarle, soprattutto quando le si accompagna con graziose figurine e con una marea di dati che a prima vista appaiono complessi e significativi. Tuttavia ad un esame ravvicinato si rivelano ciò che sono in realtà: “vento e suono che nulla denota”, per parafrasare un drammaturgo campione di vendite e anch’egli vero autore delle proprie opere.

John D. Wilson è attualmente ricercatore associato (Gastforscher) presso l’Accademia Austriaca delle Scienze e ricercatore post-dottorato all’Istituto di Musicologia dell’Università di Vienna, dove dirige il progetto “Vita concertistica a Vienna 1780–1830”. Le sue precedente ricerche si sono concentrate in generale sulla musica alla corte elettorale di Bonn nel tardo Settecento, e in particolare sul giovane Beethoven. Ha in lavorazione una biografia dal titolo Young Beethoven.

Bibliografia selettiva / Select list of publications

-The Operatic Library of Elector Maximilian Franz: Reconstruction, Catalogue, Contexts (in collaborazione con E. Reisinger e altri), Bonn 2018 [collana “Musik am Bonner kurfürstlichen Hof”, n° 2].

Zwischen Wien, Bonn und Modena: Erzherzog Maximilian Franz und die kurkölnischen Musiksammlungen (in collaborazione con E. Reisinger e altri), in: “Studien zur Musikwissenschaft 61” (2021), pp. 41–72.

Music Papers in Electoral Bonn: some new findings from the Bonn manuscripts in Modena, and their implications for the dating of Beethoven’s early compositions, in: “Bonner Beethoven-Studien”, 13(2022), pp. 331–396.

– The Sacred Music Library of Elector Maximilian Franz: Reconstruction and Catalogue (in collaborazione con E. Reisinger e altri), Bonn 2023 [collana “Musik am Bonner kurfürstlichen Hof”, n° 4].